«L’inverno senza turisti? Bello ma preoccupante» 

I gardenesi e la stagione segnata dal Covid. Tanta neve, piste perfette e paesi deserti C’è chi rimpiange mercatini e feste e chi si gode il silenzio: «Ma l’incertezza condiziona tutti» 


Daniela Mimmi


Val gardena. È uno strano inverno questo, per i gardenesi. Non ci sono vie di mezzo: è bellissimo e terribile insieme. Da una parte si vive la montagna come mai prima d’ora, con metri di neve abbagliante, piste vuote e perfettamente innevate, il silenzio rotto dal rumore dei cervi che scendono fino a valle. Dall’altra c’è la sensazione che questa valle le ferite se le porterà addosso ancora a lungo. È facile dire, come si legge sui social, “lo sci non è poi così importante”. La gente vive questo momento con ambiguità: da una parte la gioia di vivere queste montagne senza folle di turisti, i paesini senza problemi di traffico e parcheggio, le passeggiate in solitaria. Dall’altra c’è un senso di incertezza, perché bene o male sono tutti legati al turismo, perché molti hanno avuto morti e ammalati tra i loro parenti e amici.

“Noi speriamo solo che arrivi il vaccino, per vivere tranquilli e vedere la luce in fondo a questo tunnel - dice Claudia Senoner - Non avere avuto turisti per Natale ha avuto aspetti positivi e negativi. Ortisei era comunque addobbata e luminosa e c’era l’atmosfera natalizia, ma certo i turisti creano un po’ di colore e di movimento. A me piaceva il mercatino, con la sua aria di festa, i bracieri accesi e intorno la gente che beveva il vin brulé. Adesso la situazione è pesante, soprattutto è l’incertezza che ci blocca. Il primo lockdown è stato alla fine della stagione invernale, abbiamo potuto sopportarlo. Adesso è drammatico perché, se non ci sono turisti, i maestri di sci non lavorano, non si affittano gli sci, i ristoranti e i rifugi restano vuoti, gli artisti non hanno nessuno a cui vendere le proprie opere. Prima o poi finirà. La gente di questa valle è abituata a combattere, ha passato tante crisi. Anche questa volta ne uscirà”.

Maddalena Aliprandi ha trent’anni, si occupa di arte e ama le sue montagne senza turisti. “Io questo inverno, finora, l’ho vissuto benissimo – dice - Poter andare a camminare in montagna o fare scialpinismo senza nessuno è una sensazione impagabile. Io non amo i mercatini, quindi non mi sono mancati per niente, ma certo è venuta un po’ a mancare l’atmosfera natalizia gioiosa a cui eravamo abituati. Quando hanno richiuso tutto, compresi ristoranti, bar e negozi, in giro non c’era nessuno, sembrava di essere nei periodi fuori stagione, era un po’ triste. Se non apriranno le piste, mi dispiace per i tanti lavoratori degli hotel o i maestri di sci, perché per loro è un danno enorme. Se partirà la stagione, anche senza impianti di risalita, penso che ci saranno meno turisti, ma quelli che verranno saranno più motivati e più amanti della montagna. Ci sono tante cose da fare in montagna: non si sale solo con gli impianti, ma anche con le pelli di foca sotto gli sci. Saremo meno, ma più fortunati. D’altra parte la montagna va meritata…”

Wolfgang Moroder non ama le cose esagerate: “Non mi piace il Natale sfarzoso, eccessivo, a volte di poco gusto. Ad esempio mi è sembrato esagerato chiudere la fontana in piazzetta Sant’Antonio per metterci altri alberi di Natale. È un inverno strano questo, non c’è dubbio. Adesso, quando giro per strada vedo i miei concittadini, cosa che prima, in mezzo alla calca, non succedeva mai. Alcuni non li vedo, poi li trovo al cimitero. Capita anche questo. Ma è anche ragionevole riaprire qualcosa, come qualche impianto, in tutta sicurezza. Non dimentichiamoci che questa valle vive di turismo”.

È preoccupato Simon Moroder. “Sento tanta gente dire che questo inverno ci godiamo le nostre montagne e i nostri paesi – sottolinea - Lo dicono quelli che hanno lo stipendio fisso e non hanno problemi. In realtà è triste e non è normale. È come per le ferie: un paio di settimane vanno bene, tre mesi stufano. Non so dove andremo a finire e come ci risolleveremo. Ormai la stagione è bruciata, gli stranieri non vengono. Eppure c’è voglia di ripartire e l’apertura di alcuni impianti è un segnale di speranza. Sciare è sicuramente meno pericoloso che affollare i centri commerciali”.













Altre notizie

Attualità