L'INTERVISTA

Marco Forni: «Grazie a Internet anche il ladino è sopravvissuto» 

Il messaggio dello studioso, lessicografo presso l’Istituto ladino e scrittore: «La globalizzazione può essere provvidenziale anche per le lingue e le culture meno diffuse»


Ezio Danieli


VALLI LADINE. Marco Forni, lessicografo e lessicologo presso l’Istituto ladino e scrittore, è in pensione dall’ottobre scorso dopo essersi occupato per trent’anni delle lingue altoatesine. Ha curato diversi dizionari, ha scritto vari libri, l’ultimo dei quali, “Parole in cammino fra ladino, tedesco e italiani”, è un po’ la sintesi di questo lavoro per conto dell’Istituto culturale Micurà de Ru per cui per tanti anni è stato lessicografo. Forni e il suo lavoro hanno ottenuto ampi e prestigiosi riconoscimenti come quelli dell’Accademia della Crusca e della società “Dante Alighieri”.

Qual è l’importanza delle traduzioni in una terra multilingue?

“È fondamentale. In val Gardena e in Val Badia, fin da piccoli bisogna confrontarsi con un mosaico linguistico variegato. Ormai da tempo ci si trova di fronte a una condizione sociolinguistica trilingue. Una buona percentuale di locutori ladini, nell’arco di una giornata, si confronta e parla alternativamente il tedesco, l’italiano e il ladino”.

La scuola nelle località dolomitiche della provincia di Bolzano è espressione tangibile dell’incontro delle tre realtà socio-linguistiche.

“Da qualche anno a questa parte, anche l’inglese è lingua d’insegnamento a partire dalla scuola elementare. La traduzione può anche diventare un utile strumento per venirci incontro e riconoscere le ragioni di chi parla un’altra lingua.

Alla fine c’è una lingua che ci può accomunare e non ha bisogno di essere tradotta: quella del cuore”.

Negli ultimi anni l’Istituto ladino ha pubblicato vari dizionari. Che cosa manca ora nel campo della tutela della lingua più antica del Tirolo?

“Un processo virtuoso di rivitalizzazione si è avuto in seguito al riconoscimento del ladino come terza lingua ufficiale e amministrativa. Dal 1989 nei comuni ladini della Provincia autonoma di Bolzano gli uffici pubblici sono tenuti per legge a redigere in tedesco, italiano e ladino molti dei loro atti”.

Con la pubblicazione dell’ultimo dizionario (impostato sulla base del Dizionario italiano-ladino gardenese uscito nel 2013) cosa è cambiato?

“La rappresentazione della comunità linguistica ladina assume una fisionomia ancora più completa. In questo modo, la tradizione culturale ladina e l’innovazione tecnologica si congiungono e contribuiscono, insieme, a restituirci voci antiche e moderne di un piccolo pezzo d’Europa. La globalizzazione può essere provvidenziale anche per le lingue e le culture meno diffuse, purché maturi la consapevolezza dell’utilità di riconoscere le ragioni particolari del glocalismo”.

Cosa si può dedurre da tutto questo?

“Troppo spesso facciamo la lista di quello che ci manca, invece di guardare quello che abbiamo. Una forma di tutela è sentirsi custodi della propria memoria e specificità, in un confronto aperto con i radicali cambiamenti geolinguistici e culturali in atto”.

Lei tiene dei corsi all’Università La Sapienza di Roma.

"Sì, pensi che una ragazza cinese s’è laureata con una tesi sul ladino. È l’esempio tangibile di come una lingua può raggiungere anche un mondo piuttosto lontano da noi”.

C’è un altro particolare che va ad onore del Micura de Ru...

“Il fatto che i nostri dizionari sono sempre aggiornati grazie ad Internet che è il linguaggio preferito dai giovani. Un aggiornamento che è completamente gratuito e che non fa altro che rendere il linguaggio sempre attuale”.













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