Ploner, la battaglia contro il virus: «Curo i pazienti con gentilezza» 

L’infermiere di San Martino. È al reparto Covid all’ospedale di Bolzano ed è ritratto in un video di Andrea Pizzini: «Le immagini mostrano ciò che facciamo tutti i giorni. Spero colpiscano chi sottovaluta la gravità della pandemia»


Jimmy Milanese


Val badia. Tobias Ploner è un infermiere, si è diplomato alla scuola Claudiana di Bolzano. È di San Martino in Badia e lavora negli ospedali di Bolzano e di Bressanone. Più di tante parole vale una sua foto nel profilo di Facebook, nella quale, preso di spalle in una terapia intensiva, mostra un cartello sulla schiena dove c’è scritto “Io sono una Star. Portami via da qui”. Un messaggio per indicare ironicamente come gli appellativi altisonanti affibbiati dai media al personale medico/infermieristico che nei reparti Covid lotta per strappare persone alla morte, alla fine facciano sorridere chi quella realtà la vive in prima persona. “Quella scritta è uscita nel corso di un servizio nella notte di Halloween – dice Tobias - quando a me e a un mio collega ci è venuta questa idea per fare ironia in un momento di stress. Perché quando lavori per ore un po’ di ironia ci vuole, senza mai perdere la concentrazione”.

Forse è per questo che il fotografo Andrea Pizzini gli ha dedicato un video condiviso sui social e che sta spopolando sulla pagina Facebook “Wellenbrecher”, termine che può essere tradotto con “frangiflutti”, quelle costruzioni artificiali poste a ridosso delle coste per proteggere la terra dalle onde del mare e che col tempo diventano parte integrante dell’ambiente, tanto da non essere percepite più come artificiali. E Tobias Ploner è un infermiere “frangiflutti”, che con determinazione si pone come argine tra Covid e pazienti, proteggendoli con quella naturalezza trasformata in eroismo dai media e trattata con ironia in quella foto.

Nel reparto di terapia intensiva a Bolzano, spiega il video di Pizzini, “Tobias è una macchina da lavoro. Sempre attento e pronto ad aiutare gli altri anche quando è in pausa”, esordisce il videomaker nella descrizione della clip realizzata il 19 gennaio scorso. Un video nel quale i sanitari sono impegnati a maneggiare alcuni cavi di un respiratore a cui una paziente è stata attaccata. Una signora che non può parlare, per il dolore forse non è nemmeno in grado di comprendere perfettamente, ma annuisce di fronte alla dolcezza con la quale Tobias e i suoi colleghi le spiegano in che modo stanno cercando di salvarle la vita.

“Vedersi in un video sul posto di lavoro è un po’ strano, anche se le immagini mostrano esattamente quello che facciamo tutti i giorni. A me non fa impressione, ma spero che faccia impressione a quelli che non riconoscono il Covid come una realtà”, spiega Ploner, che da qualche mese lavora a Bolzano. “Di solito lavoro a Bressanone in terapia intensiva – dice - ma quando hanno aperto il reparto Covid di Bolzano mi hanno chiesto se potevo aiutare, quindi, sono sceso a Bolzano in ottobre, quando si è scatenata la seconda ondata”.

Una seconda ondata complessa, nonostante il personale medico abbia iniziato ad affinare strumenti e terapie per affrontare più efficacemente di prima il Covid. “Adesso le terapie sono standard, abbiamo più esperienza, farmaci efficaci e con l’aiuto della pronazione si cerca di portare fuori i pazienti da questa situazione”, sottolinea Ploner, che nel video girato nella sala di terapia intensiva ovviamente indossa i classici dispositivi di protezione. “Lavorare così è più complicato, perché dobbiamo proteggerci con tuta e dispositivi di sicurezza che per noi sono una cosa nuova, rispetto a chi lavora nel reparto di malattie infettive e già sapeva come fare. Si entra in reparto Covid senza poter bere e senza andare in bagno per ore, con la consapevolezza di doverci passare turni di mezza giornata e avere a disposizione una sola pausa, ma sempre lì dentro. In terapia intensiva c’è quell’aria condizionata che circola più volte al minuto producendo un ambiente asciutto che dà una difficoltà in più”, spiega l’infermiere sempre disponibile con tutti. “Sì, siamo gentili con i nostri pazienti, io la gentilezza me la porto da casa e, ad ogni modo, anche se i pazienti vengono intubati e sedati, sono certo che loro sentono gli stimoli esterni, quindi quella gentilezza e quei modi garbati spero sempre che li possano aiutare”, aggiunge Ploner, che già si è sottoposto al primo vaccino.

“In questa seconda ondata notiamo un tasso di mortalità forse più alto e un virus più virulento – aggiunge – Ora è arrivato il vaccino, mi sono informato anche io come tutti e un giorno un medico mi ha detto una cosa tanto semplice quanto illuminante: per quanto uno possa avere paura di effetti collaterali, peraltro possibili in qualsiasi farmaco, il vaccino è sempre meglio che prendersi il Covid”. E conclude: “Chi guarda il video vede l’infermiere Tobias Ploner, ma potrebbe esserci qualsiasi altro mio collega e non cambierebbe nulla”.















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