il dibattito

«Scuole dell’infanzia, noi insegnanti non siamo babysitter»

Lucia Anna Rongioletti: «Capisco le esigenze dei genitori, ma prima viene il bambino. Sbagliato insistere per aprire le materne a luglio, anche i piccoli hanno bisogno di svago» 


Antonella Mattioli


BOLZANO. «Scarsa considerazione del ruolo dell’insegnante dell’infanzia e lo stesso dicasi per le esigenze dei bambini. Al centro del dibattito in corso sul prolungamento della scuola dell’infanzia da 10 a 11 mesi ci sono praticamente solo le esigenze dei genitori». Così Lucia Anna Rongioletti - pugliese di origine, altoatesina di adozione, dopo aver lavorato per ventidue anni come esperta di musicoterapia nel mondo della scuola, da sette ricopre il ruolo sia di insegnante specializzata che di insegnante di sezione nella scuola dell’infanzia, primo Circolo Merano - spiega perché le insegnanti sono contrarie al prolungamento anche a luglio della scuola per i bambini da tre a sei anni.

Richiesta che viene dalle famiglie sempre più in difficoltà a gestire lavoro e figli quando la scuola è chiusa. Ovvero due mesi e mezzo in estate; più la settimana di Carnevale, una a Pasqua, settimana Sharm e due settimane a Natale.

Le ragioni dei genitori sono più che comprensibili, visto che non tutti hanno i nonni su cui poter contare.

Infatti capiamo perfettamente le ragioni dei genitori, ma è grave che si chieda alla nostra categoria composta per il 99% da donne, che spesso sono a loro volta madri, di fare di più. Visto che le insegnanti della scuola dell’infanzia altoatesina sono quelle che lavorano di più rispetto al resto d’Italia: noi facciamo 33 ore alla settimana, contro le 25 delle colleghe.

E come si spiega?

Siamo inquadrate come dipendenti provinciali. Detto questo vorrei che la discussione in atto servisse almeno a chiarire qual è il ruolo della scuola dell’infanzia.

Non è chiaro, secondo lei?

No. La scuola dell’infanzia da più parti continua ad essere vista come un centro di semplice babysitteraggio e come tale si può prolungare anche a luglio. Non si vuol capire che questo è il primo segmento del percorso formativo del bambino, in cui gli aspetti pedagogici-educativi si uniscono ai momenti ludici. Percorso quindi importantissimo perché contribuisce a creare le pre-competenze. Per questo è essenziale avere personale sempre più qualificato: oggi è richiesta la laurea in Scienze della formazione per insegnare nella scuola dell’infanzia, la stessa è valida per insegnare alla primaria. A noi insegnanti si chiede anche di fare il primo screening della vita sociale dei piccoli e individuare possibili anomalie sulle quali chiedere eventuali verifiche.

Oggi sono più d’uno i bambini con bisogni educativi speciali.

Lo studio attento del comportamento ha portato all’aumento delle certificazioni; oltre che all’individuazione precoce di casi di autismo.

Vista l’alta qualità del modello scolastico, perché non venire incontro alle esigenze dei genitori e prolungare il servizio a luglio.

Perché il processo di apprendimento ha bisogno di essere elaborato e sedimentato. Le vacanze servono anche a questo. Oltre che a staccare: vale per gli adulti e vale per i piccoli. Per qualche settimana avrebbero bisogno di stare in famiglia.

Ma il problema è proprio questo: oggi nella coppia devono lavorare entrambi i genitori. Non tutti possono prendere ferie per stare con i figli.

Per questo ci sono i centri estivi che in Alto Adige sono gestiti da personale qualificato: i bambini possono vivere un’esperienza diversa, basata più sull’aspetto ludico e dell’intrattenimento, rispetto alla scuola. L’offerta è interessante, ma ha un costo per le famiglie. È vero, però ci sono aiuti da parte della Provincia.













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