Caritas in prima linea per cento senzatetto 

La direttrice: «La vera sfida? Restituire loro lavoro e dignità»


di Sara Martinello


MERANO. Burian ha lasciato il posto a Big Snow: le temperature polari non danno tregua all’Italia, ma soprattutto a chi non può contare su una casa in cui scaldarsi, almeno la notte. Sono poco meno di un centinaio i senzatetto che nel corso dell’ultimo anno si sono rivolti alle strutture di accoglienza meranesi della Caritas. Per la precisione, 85, con una lieve flessione verso l’alto rispetto al 2016, quando le persone accolte sono state 81; i pernottamenti sono stati rispettivamente 8472 e 8246 (la media è di cento notti al coperto a persona, cioè più di otto mesi senza un tetto sopra la testa).

A Merano la Caritas fa riferimento a quattro strutture, in rete con il centro per la salute psichica, il Serd e con l’ospedale. La prima è Casa Archè in via IV novembre, 25 posti per uomini e donne con un documento valido. «Di solito sono quasi esclusivamente uomini, ma quest’anno abbiamo ospitato anche tre donne incinte, una delle quali si è presentata da sola», così Marlene Haller, direttrice di Casa Archè. «Delle 95 persone che quest’anno si sono rivolte a noi, 4 su 10 sono sono altoatesini, il 5% proviene da altre parti d’Italia, il 41% è costituito da extracomunitari e il 13% da comunitari. Qui si parla prevalentemente italiano, insieme al tedesco e a un po’ di inglese». A determinare le condizioni di vita precarie dei senzatetto è soprattutto una formazione scolastica insufficiente (più della metà possiede solo la licenza elementare o media), unita a contratti di lavoro sempre più brevi: la situazione finanziaria instabile che ne deriva favorisce stati depressivi, così la tendenza a consumare alcol o altro prende il sopravvento. E si finisce per non poter più pagare un affitto. È un gatto che si morde la coda. «Tanti sperano di rifarsi una vita – prosegue Haller -, ma qui, non nella regione di provenienza, dove l’assenza di lavoro spinge le persone a emigrare. A Casa Archè si può restare fino a sei mesi, cercando un lavoro e svolgendo piccole mansioni per la convivenza: apparecchiare la tavola, fare le pulizie... Poi si può valutare una permanenza prolungata, a seconda delle necessità. Per ogni pernottamento è previsto un contributo di tre euro, che però a determinate condizioni può essere sostenuto dall’assistenza finanziaria, o che il senzatetto può pagare con il lavoro manuale. Siamo in contatto con il palaghiacchio e con lido per un progetto per il tempo libero, in modo che ci si possa risollevare il morale. E c’è la possibilità di stabilire qui la propria residenza, fatto utile per l’assistenza finanziaria. La regola è di presentarsi sulle proprie gambe e di non introdurre droghe, alcol o armi. Cerchiamo di fare un lavoro di prevenzione: sono molto rare le volte che dobbiamo rivolgerci alla polizia».

A sostenere i senzatetto sono in dieci, tutti operatori con una formazione specifica. Ci si può presentare alla porta fino alle 23: chi lavora oltre quell’orario può entrare anche più tardi, a patto che attesti l’attività lavorativa. Uno degli operatori fa il turno di notte, e ogni ospite ha un operatore di riferimento. A mezzogiorno c’è la mensa sociale: persone senzatetto esterne possono pranzare a Casa Archè pagando il prezzo simbolico di un euro, a seguito di un colloquio.

L’obiettivo è inserire le persone in un ambiente adatto alla vita autonoma, come Casa Santa Maria, sempre della Caritas, dove sono disponibili 15 posti per persone che non abbiano problemi acuti di dipendenza. Esistono inoltre altre due strutture per l’accoglienza: l’alloggio notturno aperto dalle 19 alle 7, anch’esso in via IV novembre, offre un posto letto a 8 persone, mentre il centro diurno Plus di via Roma (struttura della comunità comprensoriale) permette a persone con disagio psichico o con problemi di dipendenza di stare in un posto caldo, in compagnia.

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