L'INTERVISTA daniela scarlatti  

Dal teatro alla Tv  andata e ritorno «Ora racconto i grandi romanzi» 

Artista a tutto tondo. L’attrice meranese stasera al Puccini  con “Il Gobbo di Notre-Dame”: dagli inizi allo Stabile di Bolzano al successo con la soap “Vivere” e la collaborazione con Haber  


jimmy milanese


merano. Dal teatro alla televisione, passando per la musica. Daniela Scarlatti è una artista a tutto tondo, come ce ne sono poche nel panorama culturale italiano. Nota al grande pubblico per la sua partecipazione alla serie televisiva “Vivere” che proprio a Merano nel 1999 venne presentata per la prima volta, con la proiezione della puntata Zero, Daniela è ora sempre più orientata al teatro, anche grazie a una voce che lascia una impronta indelebile nell'orecchio dell'ascoltatore.

Daniela Scarlatti, come nasce in lei la voglia di intraprendere questa carriera?

È nata dopo il corso di recitazione allo Stabile di Bolzano, anche se all'inizio volevo diventare interprete, visto che sapevo già benissimo il tedesco. Il corso mi ha fatto conoscere la recitazione, poi ho detto ai miei genitori che andavo a studiare psicologia a Roma, ma mi sono anche iscritta alla scuola Fersen. Quindi, ho provato a fare l'esame all'Accademia d'Arte drammatica, ma alla fine Aldo Trionfo mi ha preso direttamente a lavorare con lui. Avevo solo vent’anni, era il 1982.

Ricorda le prime esperienze lavorative?

Con Andrea Giordana e Giancarlo Zanetti “Don Giovanni e il suo servo”, proprio a Bolzano. Ho lavorato con tanti altri, tra i quali Dario Fo, poi ho fatto tanto doppiaggio, fino al 1992. Nel 1997 è arrivata la televisione, anche se avevo già fatto tv e pubblicità, ad esempio nel 1988 con Dino Risi avevo interpretato un film con Carol Alt.

Se lo ricorda quel 1999 a Merano, quando venne presentata la Puntata Zero di “Vivere”?

Era maggio, certo. Sì, “Vivere”, soap opera di enorme successo alla quale ho partecipato nelle prime due stagioni.

Poi, però, ha lasciato la serie. Perché e per cosa?

Avevo imparato quello che dovevo, ne sono uscita a luglio del 2000, ma subito dopo ho fatto un film “Mozart è un assassino”, poi la serie Tv del Maresciallo Rocca. Insomma, ritenevo che l'esperienza di due anni fosse sufficiente. Vent’anni fa ero giovane e ho rinunciato a un bel contratto, ma perché volevo fare cinema e altre esperienze, senza rimanere fossilizzata su un personaggio.

Però per “Vivere” ha vinto due Telegatti.

Sì, quell'anno vennero premiati anche George Clooney per “E.R.”, la famosa serie statunitense, e parlando con lui mi disse proprio la stessa cosa, che voleva uscire da quel personaggio, infatti poi fece altro.

Com’è proseguita la sua carriera?

Ricordo volentieri “Terapia d'Urgenza”, dove ho rincontrato il mio collega e amico Cesare Bocci con il quale poi siamo anche venuti a Merano al Puccini a fare uno spettacolo.

Tanta Tv ma anche teatro.

Dopo le ultime esperienze televisive, nel 2016 ho ripreso a fare teatro, ad esempio con Alessandro Haber per lo spettacolo “Il Padre” e un grande successo per tre anni.

Com’è lavorare con Haber, sicuramente una delle figure più camaleontiche del cinema italiano?

Un istrione, simpatia da vendere e in questo ruolo del padre malato di Alzheimer, ha avuto un successo enorme. I teatri erano sempre pieni, sembrava una rock star.

Ruolo cinematografico che vorrebbe interpretare?

Tutti i ruoli che ha interpretato Meryl Streep. Non ha sbagliato un ruolo. Lei è il top, come Cate Blanchett. Se mi fossero stati offerti i suoi ruoli, li avrei accettati.

Perché c'è carenza di ruoli femminili, nel cinema italiano?

Prima pensavo che in un film, tipicamente di dodici ruoli, solo due fossero per donne, moglie e fidanzata, insomma, perché va sempre così. Se ci penso forse credo che sia la società italiana ad essere ancora maschilista. Non lo so. Vedo oggi molte sceneggiatrici donne, e allora perché non più ruoli femminili? Forse la colpa è del mercato.

Le donne nel cinema italiano interpretano spesso ruoli dove fin dall'inizio sono chiamate ad urlare, arrabbiarsi, e questo limita lo sviluppo del personaggio. Che dice?

È così, purtroppo. Però, con il Maresciallo Rocca non ho avuto questo problema, devo dire che il mio personaggio poteva svilupparsi. Quando ho fatto la protagonista ho potuto far crescere e cambiare, quindi evolvere il personaggio, ma il cinema italiano è così, per i ruoli femminili è come lei dice. Gli uomini invece lavorano, hanno interessi, mentre i personaggi per noi donne sembrano tagliati con l'accetta».

E a Merano, cosa presenta questa sera?

«Torno volentieri, dopo nove anni, nella mia città, per recitare “Il gobbo di Notre-Dame”, un recita con saxofonista, Fulvio Palese, e la supervisione di Patrick Rossi Gastaldi. Mi hanno chiesto di raccontare i grandi romanzi in teatro, e ho accettato. Non sto certo seduta a raccontare, a teatro, faccio tutti i personaggi, cambiando la voce, come quando da bambini i genitori ci raccontavano le storie prima di dormire, per capirci, mimando il racconto. Al pubblico piace, devo dire, perché attraverso la voce si vede con gli occhi quello che racconto».













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