Il «mal d’Africa» per fare del bene: i 102 viaggi di Balbo 

La storia. Il fondatore del Gruppo missionario a 88 anni ancora in Benin «Pozzi e strutture sanitarie, ma soprattutto educazione e formazione» 


Simone Facchini


Merano. «È stato il mio centoduesimo viaggio in Africa. L’ultimo. Sa, a 88 anni si fatica parecchio ad affrontare certi spostamenti». Lo aveva detto anche al viaggio numero 101. «No, questa è davvero l’ultima volta». Sa benissimo che in Benin lo aspettano fra due anni, per le “nozze d’oro” del suo impegno per dare speranza e futuro a popolazioni misere, dal passato martoriato e dal domani sempre appeso a un filo.

Migrazioni.

Sono 48 anni che Alpidio Balbo, fondatore e oggi presidente onorario del Gruppo Missionario “Un pozzo per la vita” di Merano (Gmm), lavora in Africa e per l’Africa. La crisi libica ha riportato il fenomeno migratorio al centro del dibattito globale. Lui che l’Africa che la conosce bene, da dove è tornato da poche settimane, cosa ne pensa? «Più che pensare, faccio. Da sempre il nostro gruppo agisce per fornire alle popolazioni africane mezzi di sviluppo sul loro territorio». Un concetto che potrebbe essere strumentalizzato politicamente, ma un’eventualità del genere nel paradigma di Balbo è lontana almeno tanto quanto la distanza fra Merano, da dove tutto è partito, e i Paesi dove tutto sta continuando. Benin, soprattutto, ma anche Togo, Burkina Faso, Niger e vari altri Paesi. «All’inizio erano medicinali, poi i pozzi. Più di recente abbiamo ampliato il raggio d’azione realizzando strutture sanitarie e sociali, costruendo scuole e offrendo borse di studio».

Priorità: l’educazione.

Tanto che anche nella recente assemblea annuale dei soci, tenuta nella sala conferenze di Terme Merano, è stato ribadito che l’educazione è “la priorità delle priorità” dell’impegno del Gmm in Africa.

Non a caso, il piano di interventi per il 2019 prevede la costruzione di tre scuole secondarie, due in Benin (una col contributo della Cei) e una in Burkina Faso, oltre a sette perforazioni per l’acqua potabile. Educazione come chiave di volta per lo sviluppo, possibilità di studiare come strumento per formarsi, crescere e costruire.

Un viaggio lontano.

Dietro la barba e gli occhi vispi, dal presente Balbo torna a ricordare il passato. «L’ultimo viaggio in Benin è stato un viaggio nel tempo. Un ritorno alle radici del mio impegno per l’Africa che ha origini precise». Balbo era un giovanotto ben avviato nel settore del commercio quando, nel 1969, rimase vittima di un gravissimo incidente automobilistico in Venosta. Dopo un anno di cure, ne uscì miracolato. «Decisi di fare un viaggio, di andare lontano. Mi consigliarono il Togo. Portai con me una lettera da consegnare a una missionaria meranese in Benin. Qui entrai in contatto con il dramma e le sofferenze di un mondo lontano. Vidi morire sei bambini in due ore, per carenza di medicinali. Quell’esperienza mi aprì gli occhi. Decisi di tornare per portare farmaci». Non sapeva che a quella seconda volta ne sarebbero seguite altre cento. O forse, in cuor suo, sì.

Sviluppo e caos.

«Nel frattempo - continua Balbo - la popolazione africana è quadruplicata e ai problemi si sono aggiunte le dinamiche dell’economia mondiale che complicano le cose. I cinesi con le grandi infrastrutture, i libanesi con i loro affari. È un’Africa che cerca di progredire ma che lo fa in modo disordinato, caotico, spesso pure controproducente. Uno sviluppo che genera nuove schiavitù e povertà». I villaggi si sono trasformati in città ma sono giganti con piedi d’argilla. «Situazioni che spingono molte persone a cercare fortuna altrove. Con i viaggi verso l’Europa. Ma migliorando le condizioni nei loro Paesi, là dove si riesce a fornire un adeguato supporto, la popolazione africana rimane in Africa». Il Gruppo Missionario Merano questo non lo dice da oggi, sottolinea il suo fondatore, in un momento in cui questa “ricetta” può essere distorta, manipolata a uso e consumo politico. «Lo affermiamo da sempre. E cerchiamo di farlo».

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