archeologia

La mummia  meranese strega gli egittologi 

La “trasferta”. Il reperto conservato a Palais Mamming è stato  al centro di un intervento nell’ambito del convegno mondiale che si è tenuto a Leida in Olanda. Presentato il “Mummy Project”



MERANO. La mummia più famosa dell’Alto Adige, e su questo non ci piove, è Ötzi. Ma ce n’è un’altra che è tornata a ritagliarsi il suo spazio di celebrità. È quella ospitata al Palais Mamming Museum.

In Olanda.

Poco tempo fa si è tenuto a Leida, in Olanda, il convegno internazionale degli egittologi. Protagonisti, tra i numerosi interventi, anche il sarcofago e la mummia egizi conservati al Palais Mamming di Merano. Il convegno è stato organizzato dall’Università di Leida, in particolare da Olaf Kaper, professore di egittologia, e da Miriam Müller, docente della stessa materia, con il supporto del Rijksmuseum van Oudheden, il museo archeologico, dell’Associazione Internazionale degli Egittologi, dell’International Council of Museums (ICOM). Novecento i partecipanti, di tutti i paesi del mondo.

Illustri studiosi.

Per Merano, è stata una vetrina di rilievo. La cerimonia di inaugurazione ha visto la partecipazione di numerose autorità, tra cui il ministro del Turismo e delle Antichità della Repubblica Araba d’Egitto Khaled el-Enany Ezz, l’ambasciatore egiziano Hatem Elsayed Mohamed Kamaleldin, il sindaco di Leida Henri Lenferink, la presidentessa dell’Associazione Internazionale degli Egittologi Willeke Wendrich, direttore del Cotsen Institute dell’Università di Los Angeles, che ha passato il testimone al Professor Tarek Tawfik, la professoressa Monica Hanna, egittologa e decano dell’Arab Academy for Science, Technology & Maritime Transport, impegnata nella salvaguardia dei beni dell’Egitto, Ola El Aguizy, egittologo egiziano e professore emerito dell’Università del Cairo, ed infine il segretario generale del Consiglio Supremo delle Antichità, Mustafa Waziry, famoso per le sue numerosissime scoperte e la sua infaticabile attività. Online dal Sudan è intervenuto anche il direttore del Museo di Khartoum, Hatim Alnour. Gli interventi erano organizzati in sessioni, con temi specifici, ad esempio la ceramica, le pratiche funerarie, gli animali, l’archeologia templare, i vari siti archeologici, la museologia pedagogica, spaziando quindi da argomenti egittologici a quelli museali.

La mummia “meranese”.

In questo panorama internazionale, i reperti egizi del Palais Mamming di Merano sono stati presentati nell’ambito dell’antropologia fisica in un intervento a quattro mani da Sabina Malgora, direttore del centro ricerche e sviluppo progetti Mummy Project (www.mummyproject.it) e curatrice di alcune collezioni egizie di musei del nord Italia, e da Francesca Motta, osteoarcheologa del Mummy Project, che ha parlato al pubblico. La conferenza ha trattato i principali casi di studio del centro ricerche dal 2007 ad oggi, tra i quali spicca il progetto di ricerca, studio e valorizzazione della mummia meranese della Bast-es-ankh e del suo sarcofago. Il progetto meranese, realizzato, prima della riapertura di Palais Mamming nel 2015, dal Mummy Project in collaborazione con EURAC - Istituto per le mummie e l’Iceman, diretto da Albert Zink, ha avuto lo scopo di restituirle un’identità. Sui reperti avevano lavorato anche Jonathan Elias, direttore dell’AMSRC della Pensylvania (USA), Chantal Milani, antropologa e odontoiatra forense, Alida Dell’Anna, ricercatrice, quindi Wilfried Rosendahl, direttore del museo e centro ricerche REM di Mannheim. La decorazione del sarcofago, che sembra non completata, si data tra il 340-330 a.C. e la sua proprietaria è una donna. Citiamo testualmente l’iscrizione: “Bast en (es) ankh, figlia del sacerdote guardarobiere di Ipou, Irethorrou”. Bast en (es) ankh significa “la dea Bastet è vivente”.

La mummia presenta resti di decorazione in cartonnage databili al Primo Periodo Tolemaico (inizi-metà III secolo a.C.) e riferibili alla regione di Akhmim (Alto Egitto), come il sarcofago. Essi tuttavia non sono nella posizione originale, ma furono appoggiati probabilmente al momento del ritrovamento, per favorire una vendita più proficua. Grazie alla tomografia computerizzata, è stato possibile stabilire che i resti mummificati, datati 393-359 a cal. a.C., appartenevano ad una donna adulta, di circa 60-70 anni. L’esame è stato di utilità fondamentale sia per studiare il corpo, sia per comprendere appieno il metodo di mummificazione.

«Sono onorata di aver presentato la ricerca effettuata sui preziosi reperti della collezione egizia di Merano – commenta la Motta - nel panorama internazionale della ricerca egittologica». «Davvero un evento mondiale – commenta Malgora. - È stato veramente interessante, ma anche molto faticoso, poiché ogni giorno si seguivano circa tredici interventi. Inoltre occorreva operare un’attenta selezione, perché in contemporanea ve ne erano almeno sei. È stato meraviglioso ritrovare colleghi e amici, con molti dei quali mantengo contatti o collaboro. Ho potuto cogliere così l’occasione di far conoscere il museo e la città di Merano ai colleghi venuti da ogni parte del mondo. C’erano anche i grandi studiosi che hanno fatto la storia della ricerca».

L’intervento è stato dunque un’occasione di levatura internazionale per far conoscere il progetto che Palais Mamming Museum di Merano ha sviluppato con il Mummy Project.

 













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