Obbligazione del Pci del 1946: chiesti 24 mila euro al Pd 

Trovato un documento contabile da 500 lire del nonno Adesso chiede il rimborso del titolo “dimenticato”



MERANO. Ha rovistato fra le cose del nonno nella casa degli antenati, nel Bellunese. Ha trovato un’obbligazione del Pci risalente all’immediato Dopoguerra, dal valore di 500 lire, mai incassata. Si è rivolto a un’associazione che si occupa di pratiche del genere e ora chiede al Pd un rimborso di 24.500 euro.

Protagonista della singolare vicenda è Stefano E., 48enne meranese. Bisogna riavvolgere il nastro fino all’anno successivo alla fine del secondo conflitto mondiale per iniziare la storia. Il nonno Gino P., classe 1917 e origini toscane, di Fiesole vicino a Firenze, allora giovane militante di sinistra, decide di sottoscrivere una obbligazione (per la precisione un prestito a premi) con l’allora Partito comunista italiano per la somma di 500 lire. Il documento reca la data del 1° marzo 1946 e fu sottoscritto dal segretario di allora, l’onorevole Palmiro Togliatti. Quel premio però non venne mai incassato e il titolo venne smarrito, finito nei cartoni dei traslochi e dimenticato. Almeno fino a qualche tempo fa quando il nipote dell'uomo, Stefano appunto, s’è messo a frugare fra i ricordi di famiglia nella casa del Bellunese dove la stessa aveva vissuto. Un tuffo nel passato, fra polvere e memorie e cimeli. Chissà la sorpresa quando tra le mani del nipote di Gino è capitato quel foglio vecchio di oltre settant’anni ma ben conservato. “Prestito a premio per la vittoria della democrazia lanciato dal Partito comunista italiano per le elezioni alla costituente”, vi campeggia. Elezioni nelle quali il Pci risultò il terzo partito, votato dal 18,9% degli italiani.

«Abbiamo stimato contabilmente il titolo calcolando che tra interessi, rivalutazione e capitalizzazione dal 1 marzo 1946 ad oggi corrisponde a una cifra creditoria di circa 24.500 euro» spiega Stefano Rossi, componente dell’associazione Agitalia specializzata in azioni legali stragiudiziali e giudiziali di titoli bancari e postali, di titoli di Stato e simili mai riscossi. «Ci siamo rivolti alla sede centrale del Partito democratico, a Roma – racconta – secondo un principio di successioni giuridiche. Nei vari statuti anche parte del patrimonio dei partiti che si sono succeduti è stato trasferito. Qui non c’entrano politiche e ideologie». (sim)













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