Panzanini racconta «gli anni ruggenti della Valanga rosa» 

L’intervista. La grande annata delle italiane fa rivivere il periodo d’oro dello sci femminile


Jimmy Milanese


Merano. Nei giorni dei mondiali di sci a Cortina (alle prese col maltempo), con una squadra femminile che regala grandi speranze all’Italia, il pensiero torna immancabilmente alla mitica “Valanga rosa” e quegli anni cavallo dei Novanta che fece sognare appassionate e appassionati dello sci.

Sono passati più di due decenni dal gennaio 2000, quando a soli 28 anni Sabina Panzanini decise di fermarsi, martoriata dai problemi fisici. Una carriera comunque strepitosa, quella della sciatrice meranese: tre vittorie in Coppa del Mondo tra i pali larghi, cinque secondi posti, due Olimpiadi disputate e sette medaglie ai campionati italiani. La ragazza che gareggiava col caschetto e una lunga coda rossa oggi vive a Livigno con la famiglia, dove siamo andati a trovarla per ricordare quel periodo quando, assieme a Deborah Compagnoni, Isolde Kostner e tante altre azzurre, le ragazze dello sci formavano la mitica “Valanga rosa”. Tutto nacque sulle nevi di Merano 2000 - dove Sabina vinceva sia contro le ragazze sia contro i ragazzi - e da una premonizione di Alberto Tomba. «Sciavo con mio papà, a sei anni circa mi hanno vista in val Senales e l'allenatore Beppe Bolondi mi chiese di entrare nello sci club Asm che poi sarebbe rimasta la mia società di riferimento. All'inizio mio padre non pensava di farmi fare delle gare, poi però mi sono buttata e a 8 anni ho vinto i campionati italiani giovanili al Sestriere. Spesso battevo anche i ragazzi: la sfida alle volte era proprio arrivare davanti a loro. Mi allenavo nei campi di Sinigo dove abitavo: durante l'inverno le gare, mentre le estati training in Val Senales».

Varrebbe la pena ricordare alcune sue vittorie giovanili.

Col rischio di sbagliare. Se ci fosse Alberto Tomba si arrabbierebbe un sacco, visto che lui è capace di ricordare tutto, e nel dettaglio. Partecipavo ogni anno al Mediolanum Boys di Rolly Marchi che più o meno vincevo sempre. Credo di essere arrivata solo una volta seconda, ai Giochi della gioventù, mentre tra il 1984 e il 1985 ho vinto tre volte il Trofeo Topolino.

Vittorie che facevano presagire a una carriera da professionista?

Ci credevo. Nei miei diari scrivevo che avrei vinto in Coppa del Mondo. Ho dovuto lasciare le Magistrali al terzo anno per dedicarmi completamente allo sci.

Quando è arrivata la chiamata in nazionale?

Era il 1988, avevo 16 anni. Convocazione arrivata per posta e con una telefonata dalla federazione. Un’emozione enorme. L'ho vissuta come un punto di partenza, venni inserita in squadra C e dopo un anno passai in squadra B. Facevamo la Coppa Europa e in C tutte le gare Fis. In squadra B nel 1991 ho vinto i Mondiali juniores di gigante con il terzo posto in slalom. Credo di essere passata in squadra A nel 1992.

E del debutto in Coppa del Mondo, che ricorda?

A Piancavallo, nel 1990, quando ero ancora in squadra B. Arrivai 31esima in gigante, fuori dai 30 per pochi centesimi. In squadra B ho partecipato anche al Mondiale di Saalbach nel 1991 in gigante che poi sarebbe diventata la mia specialità. Caddi a poco dal traguardo: c'era pochissima neve e picchiai la testa finendo nella rete. Da quel momento decisi di mettere il casco. Fui la prima ragazza ad indossarlo, mentre dopo un anno diventò obbligatorio per tutti. In quell'anno anche Tomba in gigante gareggiava con il casco: i materiali evolvevano rapidamente e la specialità iniziava a correre. Nel 1995 arrivarono gli sci sciancrati che col tempo hanno cambiato questo sport.

Una serie di podi in CdM, la prima vittoria il 21 dicembre 1994 sulla Gran Risa della Val Badia.

Il 5 dicembre 1992, il mio primo podio a Steambot Springs dietro ad Anita Wachter e davanti a Deborah Compagnoni. Partivo con il pettorale 37 e mi raccontarono che nel corso della prima manche la Rai aveva chiuso il collegamento internazionale quando mi piazzai al terzo posto. Nella seconda manche superai Deborah. Poi, la vittoria in Val Badia. Nel prima manche ero seconda a un centesimo dalla Wachter: le diedi 4 decimi, con Debora terza.

Merano si fermò, eravamo tutti li a guardarla, lo sa?

Me lo hanno riferito poi. Una giornata pazzesca, il mio allenatore Severino Bottero in silenzio per non innervosirmi che poi si lasciò andare a un pianto di gioia. Una pista fantastica che noi ragazze non conoscevamo, era gareggiavamo lì. Lo sapemmo pochi giorni prima e sentivo che avrei fatto bene. Tutto il circo bianco era li, perché il giorno dopo avrebbero corso gli uomini. Vinse Tomba.

Rivalità o amicizia, tra atlete azzurre, i quegli anni?

Amicizia. C'era rivalità ma eravamo molto affiatate, tanto che ci incontriamo ancora adesso. Per dire, quando vinsi Deborah mi fece un regalo, eppure l'avevo battuta. Invece, nel 1996 a Narvik la prima tripletta azzurra con Deborah, io e Isolde Kostner sul podio del gigante.

La mitica Valanga rosa. Ecco, ma quando nacque?

Attorno al 1992, quando feci il mio primo podio con Deborah terza. Da quel momento, noi ragazze saremmo entrate regolarmente nelle dieci e Deborah non sarebbe stata più la sola a salire sul podio.

Capitolo Olimpiadi 1994 e 1998.

A Lillehammer partivo con il 3 ma arrivai 15esima. Mi aspettavo qualcosa di più, in allenamento andavo bene, mi ero preparata con Tomba. Emotivamente non ero ok, pativo l'ingresso in squadra A. A Nagano invece arrivai ottava, partendo con il 23, dopo une mese e mezzo nel quale per problemi fisici non mi ero allenata.

Infine, quel 16 gennaio del 2020...

Decisione fulminea. Mi svegliai una mattina e decisi di smettere. Avevo sempre avuto grossi problemi alla schiena, ma erano sopraggiunte altre noie muscolari. Per via dei dolori fisici facevo quattro gare all'anno e solo in gigante. Ogni volta che lo sforzavo, il polpaccio sinistro si lacerava. Non mi divertivo più.

Oggi cosa fa Sabina Panzanini?

Vivo a Livigno, con i miei due figli e mio marito Omar Galli, responsabile tecnico della CdM di Bormio. Abbiamo iniziato un progetto nel quale proponiamo ai ragazzi una serie di sport combinati, in modo che poi saranno loro a scegliere quale praticare.

Le ragazze di oggi potrebbero battere il vostro record di 10 vittorie nella stagione di CdM 1996.

Lo spero per loro e per lo sci. Anche se ci sono delle differenze, in quanto noi eravamo di più a raggiungere il piazzamento. Se non una, ce la faceva l'altra. Altri tempi, ci allenavamo tutte assieme, mentre oggi ognuna ha il suo allenatore. Ci chiamavano Valanga rosa per i risultati ma anche per la vita unita che si faceva.

Lo sente ancora il grande Alberto Tomba?

Certo, oggi come allora siamo amici e io una socia del sul Fans Club. Ci vediamo e scriviamo, ma Tomba lo conobbi tanti anni fa proprio a Merano. Dopo le sue due medaglie d'oro alle Olimpiadi 1988, iniziò a frequentare Merano per via del fatto che la Zuegg era il suo sponsor. Avevo 16 anni circa, andai assieme a una mia amica alla fabbrica di Lana per farmi autografare un poster che tenevo nella mia stanza a Sinigo. Lui lo prese e ci scrisse sopra: “A Sabina, futura campionessa in gigante”.















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