Più cultura nelle periferie La sfida di Open è aperta 

Il finissage. La rassegna si chiude con uno spunto per il futuro: «Facciamo danzare l’arte» Le Ricamatrici continuano a lavorare a maglia per aiutare il Centro tumori e la Casa delle donne



Merano. Si è conclusa ieri con un affollato finissage collettivo “Open. Cultura in vetrina”, la rassegna di eventi che per tutto il mese di febbraio ha dato nuova vita a spazi commerciali abbandonati proponendo cinque laboratori artistici, sei mostre, otto concerti e diciassette manifestazioni tra conferenze e incontri di vario tipo. Superano il centinaio le persone coinvolte, per oltre venti soggetti protagonisti del primo vero progetto di rigenerazione urbana meranese. Tutti con la voglia di ripetere l’iniziativa, magari – come precisa il curatore Sebastian Kulbaka, di Maku - Galleria Nomade – attivando una “danza della cultura” tra i quartieri. Spostandosi dal centro per raggiungere le periferie e i pubblici meno abituati al confronto con l’arte.

Mauro Cereghini, di Upad, fa un bilancio della rassegna, messa a repentaglio dall’emergenza sanitaria degli ultimi giorni ma ad ogni modo rivelatasi «una bella esperienza di apertura». Insieme a lui, di fronte al pubblico ci sono Ada Keller e Matthias Pötz di Insalatamista, studio di design che interagisce con l’arredamento, l’arte, la comunicazione visiva: «Abbiamo cercato di dare una seconda vita agli oggetti ritrovati nell’ex ferramenta Weibl – spiegano –. Traslandoli in un nuovo contesto è possibile vederne lati nuovi e altrimenti nascosti». Per la neonata associazione Magari c’è Martina Dandolo. Il suo è un lavoro legato a welfare, sostenibilità, ricerca di nuovi approcci all’economia. «Ridare una connotazione di valore permette di notare come tanto di ciò che scartiamo o buttiamo potrebbe rientrare nelle nostre case o nello spazio condiviso». Incerto il futuro dell’iniziativa: «Sarebbe nelle mie intenzioni farne nuove edizioni», così il vicesindaco Andrea Rossi. E guardando i passanti incuriositi fuori dalla vetrina: «Abbiamo raggiunto l’effetto auspicato, raggiungere le persone, far rallentare il passo, entrare in contatto con ambienti diversi». Lo confermano le “Ricamatrici” di via Matteotti, dove all’ex Autohaus chiunque lo voglia potrà continuare a sferruzzare fino alla primavera prossima per battere il record delle 2600 coperte vendute a Reggio Emilia. Il ricavato andrà al Centro tumori per l’acquisto di caschi refrigeranti per le donne che si sono sottoposte a chemioterapia, e alla Casa delle donne di Merano per allestire uno spazio di gioco destinato ai bambini figli delle vittime della violenza maschile.

Un accento critico da Sebastian Kulbaka: «La cultura è spesso troppo centralizzata. Serve movimento tra i quartieri, servono spazi espositivi – anche a torazione, sulla scorta delle “residenze” – per gli artisti che rientrano a Merano dopo gli studi e che non riescono a trovare spazi dove lavorare. Vorremmo creare atelier-gallerie che possano disabituare al fatto che una galleria presenti solo l’oggetto finito e mostrare invece anche il processo creativo. E perché non indire un concorso per le associazioni, in futuro, con un budget dedicato?». S.M.













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