Sinigo, la falda assoluta priorità per la nuova presidente 

Comitato di quartiere. Melanie Franzelin succede a Paola Zampieri, entrata in consiglio con Fratelli d’Italia «È stato fondamentale realizzare un’indagine idrogeologica condotta in modo inappuntabile dal dottor Dessì»


Jimmy Milanese


Merano. E' appena stata nominata presidentessa del Comitato di quartiere di Sinigo, succedendo a Paola Zampieri, approdata ai banchi del Consiglio comunale. Un testimone pesante, quello raccolto dalla presidentessa Melanie Franzelin, proprio perché la sua predecessora è stata a lungo molto attiva nel cercare di dare voce ai problemi di Sinigo. E tra questi, quello annoso della falda che ormai è diventato il primo punto del programma per qualsiasi sinighese che volesse occuparsi di politica.

Lei abita da molti anni a Sinigo: quando avete iniziato ad avere problemi con le acque della falda?

Quando hanno iniziato a interrare e intubare i canali della frazione nei primi anni Ottanta fino alla definitiva dismissione dell’idrovora nel 2010. A Sinigo c’erano decine di fossi di scolo e canali di drenaggio e per chi era nato e cresciuto da queste parti, la principale raccomandazione dei genitori ai figli era proprio quella di fare attenzione a non finire dentro ai fossi.

Ok, ma quando avete iniziato ad avere l'acqua nelle case?

Nel 2012, quando ci siamo accorti di avere costantemente acqua nei pozzetti dei contatori, collocati immediatamente sotto il livello del selciato della piazza. Cosa mai accaduta prima. Toglievi l’acqua e il giorno dopo la trovavi nuovamente allo stesso livello, senza che nel frattempo avesse piovuto. La certezza definitiva è arrivata con gli scavi del teleriscaldamento del 2017 in Piazza Vittorio Veneto. In meno di 12 ore la falda si è impossessata dello scavo, attestandosi ad un livello di circa 1 metro dalla superficie. Un fenomeno inquietante che ci ha subito fatto comprendere la gravità della situazione.

Al di la dei pareri dei tecnici, vi siete fatti un’idea di cosa sia cambiato a Sinigo, per avere causato questo fenomeno?

La chiamano antropizzazione spinta del territorio. Negli anni ottanta la Provincia ha iniziato ad espropriare terreni agricoli a danno dei contadini storici affittuari dell’Opera Nazionale Combattenti, onde evitare che essi divenissero legittimi proprietari per usucapione e quindi potessero opporsi al cambio di destinazione d’uso urbanistico previsto già da tempo per la frazione.

Parla delle famiglie arrivate negli anni Venti del secolo scorso che hanno bonificato la palude di Sinigo?

Esatto, perché l’opera di bonifica, ci tengo a sottolineare permanente, si è sempre posta come ostacolo alla cementificazione spinta e a difesa di un territorio fragile dal punto di vista idrogeologico. Canali e pompe idrovore non potevano essere smantellati, se non mettendo a rischio l’intera area. La disastrosa situazione odierna conferma che tale prevedibilissimo rischio era concreto, e che si è drammaticamente tramutato in realtà nel corso di pochissimi anni.

Lei sta dicendo che l'esplodere della falda era prevedibile sin dall’inizio?

Ampiamente prevedibile a chiunque non avesse avuto gli occhi offuscati dal business edilizio. Ormai qui lo sanno anche i bambini, è semplicemente il principio di Archimede: a Sinigo sono stati immersi in acqua centinaia di migliaia di metri cubi di cemento solido delle fondazioni dei nuovi edifici. Per mantenere l’equilibrio sarebbe stato necessario non solo preservare la bonifica, ma anche potenziarla ulteriormente, onde smaltire questo supplementare quantitativo di acqua spostata dalla nuova massa solida che ne ha preso il posto. Non solo ciò non è stato fatto, ma si è proceduto al sistematico smantellamento delle opere della bonifica esistente.

Il problema del non aver calcolato i “tempi di ritorno”, giusto?

Esattamente, non è mai stato fatto uno studio sulla frequenza e incidenza con cui potrebbero ripresentarsi eventi atmosferici estremi come alluvioni e inondazioni. Di tali rischi sul lungo periodo non si è tenuto minimamente conto, interrando e intubando selvaggiamente la quasi totalità dei canali e dei fossi di scolo. Si è arrivati persino a smantellare la pompa idrovora con l’assurda giustificazione che tanto le pompe non erano sempre in funzione, quando è palese che le pompe venivano azionate soltanto in caso di emergenza. Perché a Sinigo c’è stato un tempo in cui chiunque si sentiva in diritto di interrare o intubare un canale, senza che nessuno intervenisse.

E voi chiedete alle istituzioni di identificare i colpevoli, ma non sono passati troppi anni?

Non sta a noi stabilire le responsabilità, ma è nostro diritto chiedere che si faccia chiarezza, anche dopo decenni, perché la falda è costantemente a livelli altissimi e in certi punti ultimamente ha toccato la superficie. Non si può escludere che a medio-lungo termine si possano creare danni strutturali alle abitazioni, con buona pace della sicurezza delle persone che vi abitano e del valore degli immobili stessi.

Da anni voi chiedete anche di accedere a documenti che però non si trovano più.

Già, guarda caso quelli che riguardano le recenti e meno recenti modifiche inferte alle opere di bonifica come intubamenti, interramenti e dismissioni dei canali.

Alla fine, l'Amministrazione comunale vi ha ascoltati?

Un passo importante è stato quello di aver convinto la parte ambientalista dell’ultima Giunta comunale a realizzare un’indagine idrogeologica condotta in modo inappuntabile dal dott. Dessì e che probabilmente non avremmo mai ottenuto in condizioni politiche diverse. Di questo ringraziamo la componente ambientalista della passata Amministrazione comunale. Ora, però, chiediamo azioni concrete e immediate, partendo dalla zona di Via Fermi, con ripristino dell'idrovora, oltre al recupero dei canali di scolo e, ovviamente, la ricerca dei colpevoli.

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