la storia

Zanzibar, meranesi in campo per combattere la povertà nei villaggi 

Ivan Pierotti e Francesco Menegazzo: nell'isola al largo della Tanzania progetti su alimentazione, agricoltura, educazione e salute.



MERANO. Se c’è bisogno di qualcosa al mondo questo è il comprendere chi ha bisogno di aiuto e chi capisce che questa non può essere solo uno slogan ma deve concretizzarsi per poter divenire una speranza. È così che diverse persone si sono incontrate ed hanno deciso di organizzarsi per rendere reale l’aiuto che si può dare. Coordinatore del team è Ivan Pierotti, meranese, già attore di alcune missioni all’estero come le ultime in Ucraina nelle aree più colpite dalla guerra.

Viaggi per portare aiuti concreti quali medicinali, presidi sanitari, donare un’ambulanza o contribuire al trasferimento in Italia di 52 donne e bambini. Nell’ultima circostanza, questa volta tocca all’Africa, è in attuazione un progetto molto complesso ed ardito come altri che hanno avuto successo anche grazie proprio a meranesi. Anche questa volta sono nostri concittadini, Ivan ed il compagno di viaggio Francesco Menegazzo il cui aiuto è determinante essendo ingegnere, nel progettare e sviluppare un sistema per rendere energeticamente autonoma l’area con tutto quello che è presente o che è in procinto di esserlo: scuola, pronto soccorso, mensa, alloggi.

Si tratta di un paesino, Kilombero, nell’isola di Zanzibar, in Tanzania, che dai turisti viene considerata una bella meta per le vacanze, ma in questo caso siamo nell’interno. Qui ora ci vive un italiano, Marco Pugliese, che avendo persa la moglie sta cercando di dare un senso alla propria vita, lenendo il proprio dolore col diminuirlo ai tanti che soffrono. E sono i bambini i più sfortunati, fisicamente o cerebralmente.

Per loro Marco ha iniziato il Progetto “ZanzibarHelp” articolato in diversi punti. Primo, l’alimentazione per l’alta percentuale di poveri del villaggio (che ovviamente soffrono di malnutrizione e conseguentemente di ritardi mentali e fisici). Secondo, agricoltura producendo a km zero, quindi con abbattimento di costi insostenibili, festeggiando tra breve il primo raccolto (bello ricordare che uno degli indispensabili pozzi per l’acqua è in fase di realizzazione grazie al contributo dell’associazione culturale bolzanina Logos).

Terzo, educazione con classi e laboratori per bambini diversamente abili. Poi la cultura (si pensi che sino a pochi anni fa, oggi vietato dalla legge, ai bambini albini venivano tagliate le braccia quasi per castigo), e la salute con un Pronto Soccorso realizzato grazie al contributo di due medici siciliani, la dottoressa Rossana Tosti e il dottor Antonio Rizzo. Una struttura che garantisce le necessarie cure per patologie lì numerose come la sindrome di Down, l’acondroplasia (nanismo), l’epilessia, la distrofia muscolare di Duchenne ed altre, ma addirittura per incidenti banali, come le noci di cocco che cascano dagli alberi e creano spesso tragedie da interventi chirurgici delicati. Sono i bambini a soffrire percentualmente di più. E qui entra in gioco Ivan Pierotti che inizia con primi aiuti economici come Medical Center e personalmente per organizzare la parte sanitaria, come ha già fatto per diverse strutture in Italia ma questa volta, dice, con una soddisfazione morale terribilmente più alta.

La scommessa ora è sviluppare un progetto di gestione operativa per recuperare presìdi, elettromedicali, sistemi diagnostici, monitor multiparametrici ed arredi, con la speranza di coinvolgere sia privati che aziende del territorio come già a Kilombero. Qui la realizzazione è stata possibile grazie ad una coppia di italiani, che hanno contribuito economicamente, con l’acquisto di due ettari di terreno costruendo così la Donnino’s Family School & Farm. Non è un progetto irrealizzabile, basti pensare che, durante la loro permanenza, Ivan e Francesco hanno portato in alcuni villaggi dell’entroterra alcuni carichi di alimenti soddisfacendo centinaia di persone con una spesa affrontabile dato che con 100 dollari si possono distribuire circa 500 pasti. Ora, se l’adesione al progetto sarà numerosa, i risultati saranno in crescita. Aggiungono, i nostri “apripista”, che gli aiuti non devono essere solo o esclusivamente economici ma anche pratici, con conferenze o aiuti tramite web, social, invio di medicinali, viaggi sul posto come vacanza fatta anche con il cuore e non solo con il ventre.

Si aggiunga, concludono i due, che, per rendere più facili le collaborazioni anche casuali, il Polly Lodge Bungalow, gestito da una coppia italiana che, oltre a partecipare al progetto, offre ospitalità ai volontari che dovessero recarsi lì per contribuire alla riuscita di un sogno che prevede molto altro e, considerata la velocità esecutiva dell’ideatore e responsabile locale Marco Pugliese, sicuramente andrà in porto molto presto.













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