«Così i latifondisti tengono in scacco milioni di persone»

Beatrice De Blasi ospite della rassegna dedicata al cibo «Il mercato equo e solidale è la risposta alle multinazionali»


di Luca Mich


di Luca Mich

BOLZANO

La denutrizione, lo sfruttamento del lavoro minorile, la violazione dei diritti umani, problemi immensi che ci sgomentano, ci disorientano.

Problemi di fronte ai quali ci sentiamo smarriti, problemi tanto grandi da farci dubitare di essere in grado di poter contribuire, in qualche modo, ad una loro soluzione. Solidarietà. Ecco come può esprimersi il nostro aiuto, il nostro sostegno.

Solidarietà che possiamo concretamente manifestare scegliendo un modello economico alternativo a quello proposto dalle multinazionali, basato sull’accaparramento delle terre coltivabili, la loro conversione alla monocultura intensiva, lo sfruttamento delle popolazioni residenti, l’acquisto delle materie prime a prezzi irrisori. Un modello di mercato fondato dunque non sulla massimizzazione dei profitti ma sulla dignità delle persone, nella convinzione che le scelte economiche quotidiane di ogni uno di noi possano diventare strumenti concreti di cambiamento verso un mondo più giusto per tutti.

Le esperienze di mercato equo e solidale sono state il tema di approfondimento della seconda conferenza del mese del fotoreportage, organizzato dal circolo fotografico “Tina Modotti” di Bolzano e dedicato quest’anno al cibo. Ospite dell’incontro tenutosi venerdì scorso al Centro Trevi è stata la fotografa Beatrice De Blasi, che ha proposto ai numerosi partecipanti intervenuti due reportage dedicati alla coltivazione del tè di montagna nel Darjeeling indiano ed alla produzione di zucchero di canna mascobado nelle Filippine.

Beatrice De Blasi è responsabile Educazione e Comunicazione della cooperativa Mandacarù e direttrice artistica di “Tutti nello stesso piatto” il festival internazionale di cinema, cibo e biodiversità che si tiene in questi giorni a Trento.

Il suo impegno e la sua passione verso i temi della cooperazione, dell’aiuto e della solidarietà tra i popoli, l’hanno portata a compiere viaggi in molte regioni sottosviluppate del mondo, maturando così un’ampia e approfondita esperienza di economie e mercati eco-socio sostenibili. Abbiamo avuto la possibilità di rivolgere alcune domande all’autrice.

Quando ci avviciniamo a prodotti del circuito equo solidale, è diffusa l’idea che il prezzo di vendita sia la combinazione del costo del bene sommato ad una quota di “solidarietà”, che viene retrocessa ai contadini ed agli artigiani che lo hanno prodotto, a titolo di aiuto economico. In realtà c’è molto di più…

«Esattamente. Le organizzazioni che si occupano di mercati equo solidali, non si impegnano solo per garantire il giusto prezzo di acquisto ai produttori locali. Anzi, possiamo dire che questo aspetto è solo una parte degli obiettivi dei progetti di cooperazione ed aiuto che sono stati proposti e sviluppati. Condizioni di vita dignitose, assistenza sanitaria, diritto allo studio, salvaguardia e difesa dei diritti umani, tutela delle donne e dei minori, sono i veri e principali obiettivi di questi progetti umanitari. Il diritto ad un giusto ed equo riconoscimento economico del lavoro, diviene in questo senso solo una parte, certamente importante, di crescita e sviluppo di queste comunità.

Quando acquistiamo uno di questi prodotti, dobbiamo sapere che non facciamo semplicemente un’offerta, aiutiamo queste popolazioni a realizzare il proprio sogno d’indipendenza».

Che rapporto avete con le autorità locali delle regioni dove avete in corso progetti di questo genere? Siete aiutati o ostacolati?

«Dipende. In alcune realtà, dove è modesta la presenza di interessi economici di grandi gruppi nazionali o interazionali, non incontriamo grandi difficoltà. In alcune regioni però, proprio come le Filippine, dove il 70% delle terre è posseduto dal 1% delle famiglie e il patrimonio dei 25 filippini più ricchi equivale al reddito complessivo dei quasi 74 milioni di abitanti, le reazioni a questi progetti, che destabilizzano rapporti di forza consolidati da decenni, sono molto violente. Molti responsabili delle organizzazioni di aiuto sul territorio sono regolarmente minacciati e molti di questi sono stati uccisi. Purtroppo le autorità locali sono di fatto sotto il controllo delle grandi e potenti famiglie che detengono il potere politico e dunque operare in questi territori è sempre delicatissimo e pericoloso. Ma siamo convinti che questa sia la strada giusta per immaginare e realizzare un mondo migliore. La via è tracciata, non ci fermeremo».

Venerdì prossimo alle 18, sempre al centro Trevi, sarà la volta di Pablo Balbontin Arenas che presenterà un interessante lavoro sulla pesca ecosostenibile in Mediterraneo.

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