Il libro

Così il sale ci racconta il mondo



Estratto nelle miniere o prodotto per evaporazione dell’acqua marina, il sale, “l’unica roccia che mangiamo”, ha arricchito imperi e distrutto città, ha spinto carovane di centinaia di bestie ad attraversare i deserti e ha creato dal nulla nuove, succulente pietanze. La sua storia ci viene ora raccontata da Mark Kurlansky, uno di quegli autori che spiegano il mondo partendo da un singolo elemento, spesso a prima vista umile, ordinario.

Giornalista e scrittore americano, Kurlansky ha pubblicato una cospicua messe di volumi, fra cui un’opera straordinaria sul merluzzo. Questo “Sale – una storia del mondo”, edito da Nutrimenti, volume di 559 pagine che si legge di slancio, è uscito originariamente negli Usa nel 2002. Già le citazioni in apertura, nientemeno che di Adam Smith, Karl Marx e Thedor Herzl, ci dicono qualcosa sull’ampiezza di vedute dell’autore. Kurlansky ci fa attraversare le epoche e i continenti, dalla Cina all’Egitto, dal Sahel alla Scandinavia, dalle Americhe alle Alpi, in particolare il Salisburghese, la Baviera, il Salzkammergut austriaco, “una regione di miniere di sale sovrastate da montagne verdi coperte di pini e punteggiate da laghi di un blu intenso”. Usato per le sue proprietà naturali, conservare gli alimenti, insaporire le pietanze, consentire la vita di esseri umani e animali, ma anche per quelle magico-religiose di volta in volte attribuitegli, in tutte le parti del mondo, il sale è stato, al pari dell’oro o del petrolio, oggetto di scambi, alleanze, matrimoni, ma anche di guerre accesissime.

Così, ad esempio, si può partire proprio dal sale per raccontare un evento determinante per la storia dell’Europa come la conquista della Gallia, che in una serie di successive campagne militare condotte da Cesare e raccontate nel De bello gallico, unificò gran parte del continente e costò la vita ad un numero per l’epoca impressionante di vite umane. Un’altra di queste “guerre del sale”, che mi pare il libro non menzioni, cambiò il volto della città di Perugia, che nel 1540 aveva provato a ribellarsi allo stato pontificio a causa proprio di una pesante tassazione su questo bene imposta da Paolo III°. E l’elenco potrebbe continuare a lungo.

A volte, piuttosto che di guerre militari, il sale è stato oggetto di guerre commerciali, come quelle che contrapposero Venezia a Genova, le due potenze marittime che avevano entrambe compreso come controllare il suo commercio fosse più redditizio che produrlo in prima persona. La competizione, alla fine, come noto, si risolse nel XV secolo, con la scoperta delle Americhe e il progressivo declino del Mediterraneo in favore delle rotte atlantiche. Il punto, in questa e altre vicende, è sempre lo stesso: il sale era una formidabile fonte di ricchezza, sia che venisse dichiarato monopolio statale, come in certi periodi della storia cinese, sia che le autorità si limitassero a regolare e a tassare il suo commercio. Il libro ne segue le vicende con pazienza certosina, anche illuminandoci sull’influenza del bene sui costumi dei popoli. Per tornare ai romani, che realizzarono saline in tutto l’Impero, la loro civiltà, che è un po’ anche la nostra, ereditò dai celti molte usanze, ad esempio quelle relative all’uso del sale per la preparazione dei prosciutti e delle salsicce. Ma salare le verdure, in particolare l’insalata, sembra fosse proprio un costume romano.

Così come romano era il garum, o anche liquamen, il condimento più diffuso, un po’ come la salsa di soia per i cinesi, prodotto con sale e ritagli di pesce. Fino a circa cento anni fa il sale ha conservato la sua aura di prodotto raro e perciò strategico. Poi le scoperte geologiche e le innovazioni tecnologiche ne hanno ridimensionato il valore. Anche gli usi sono cambiati. Il maggior produttore e consumatore di sale oggi sono gli Stati Uniti, con 40 milioni di tonnellate all’anno. Ma solo l’8% è destinato al consumo alimentare. Oltre il 50% viene impiegato per impedire alle strade di ghiacciare. Sono cambiate anche le preferenze. In passato il sale migliore era considerato quello bianco, perché privo di impurità. Oggi le fasce alte del consumo vanno alla ricerca di sali colorati. Potenza delle leggi del marketing.

 













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