«Diamo un’opportunità agli artisti di casa nostra» 

L’intervista. Renato Zanella pronto a iniziare l’avventura da direttore artistico di InDanza «Regione ricca culturalmente. Mamma è altoatesina: ho un legame forte con questa terra»


Katja Casagranda


Trento. Mentre si sta godendo gli ultimi giorni di vacanza lavoro in Austria, dove sta seguendo i festival di danza, Renato Zanella non trattiene l’entusiasmo di gettarsi nella sua nuova avventura come consulente della danza e direttore artistico per InDanza, stagione di danza regionale su Trento e Bolzano, del Centro Servizi Santa Chiara di Trento.

Come si sta preparando a subentrare nell’incarico assegnatole come direttore artistico e consulente della danza del Centro Servizi Culturali Santa Chiara?

La settimana prossima avrò una serie di incontri dove mi confronterò e getterò le basi per il mio lavoro che prevede il mio subentro da gennaio 2021. Presumo essendo la direttiva ministeriale annuale e quindi da gennaio a dicembre, che ci sarà una prima trance autunnale gestita da Masi, e che si prosegue poi con un nuovo corso firmato da me a cui darò una linea personale legata alla mia storia e il mio vissuto

Un vissuto come direttore, ma anche come ballerino e coreografo?

Da molti anni vivo a contatto con tante realtà del settore e sono stato direttore di compagnia e di festival ma anche manager oltre che artista, quindi ho una visione ampia e da diversi lati e punti di vista. Inoltre conosco bene la realtà regionale e sono entusiasta di poter lavorare in una terra dove c’è una situazione molto bella e favorevole alla danza che invece a livello nazionale versa in condizioni tristi e come arte è bistrattata. Tanto che vive sotto l’egida delle Fondazioni lirico sinfoniche che non menzionano nemmeno il termine di arte tersicorea, danza. Invece il Trentino e Alto Adige ha tanti teatri, tante realtà, due festival come Oriente Occidente e Bolzano Danza di levatura eccezionale e poi tante scuole di danza e una stagione di successo. Il tutto con un pubblico affezionato e preparato. Il mio poi è un legame anche affettivo visto che la madre di mia madre è altoatesina e ha 10 fra fratelli e sorelle che vivono in zona e quindi porto questi posti nel cuore e hanno fatto parte della mia infanzia.

Quindi non manca l’entusiasmo?

Avete la fortuna di vivere in un posto molto stimolante con tanta attenzione per l’arte e lo spettacolo. Questo assieme al fatto di interpretare come Centro Servizi culturali, nel senso di centro al servizio della cultura, mi da l’entusiasmo di essere ottimista sulla possibilità di realizzare i miei propositi.

Può darci delle anticipazioni?

Con il problema legato alla sicurezza sanitaria sarà doveroso capire come si potrà progettare l’accesso ai teatri, ma superato questo scoglio voglio guardare avanti e usare gli stimoli positivi che ci ha dato la pandemia. Con tutto il rispetto per la situazione sanitaria, tuttavia questo stop ci ha portato a riflessioni profonde per esempio su chi siamo, cosa facciamo o da dove veniamo. Ecco la prima parte del 2021 lo vorrei dedicare a tutti gli artisti italiani, quelli che resistono sul suolo nazionale, quelli che sono andati via, quelli che magari non hanno mai avuto la possibilità di esibirsi in Italia e lavorano solo all’estero. Vorrei far conoscere al pubblico la cifra stilistica di questi talenti spaziando dalla danza classica a quella contemporanea ma anche alla sperimentazione. Ho già parlato con un danzatore italiano che lavora con una compagnia rinomata spagnola e che con quel suo cognome croato non viene riconosciuto come italiano ma si sente italiano al cento per cento. Vorrei coinvolgere il pubblico in diversi modi. Porterò qui l’esperimento che ha dato frutti in Austria ossia di momenti di introduzione e preparazione allo spettacolo, discussione e poi anche workshop. Vorrei creare una piattaforma in cui il pubblico venga accompagnato e possa discutere ma che possa anche incontrare gli artisti e apprendere e confrontarsi.

La seconda parte?

Proprio per il fatto che le Fondazioni lirico sinfoniche non investono più sulla danza e quindi l’Italia soffre in costanza e senso di continuità, cosa che invece si ha nelle grandi compagnie straniere dove infatti i frutti si vedono, ritengo che il Centro Servizi Culturali Santa Chiara, possa tornare alla sua vocazione passata di produzione. Vorrei dal mio punto di vista di coreografo puntare su una produzione a chilometro zero che coinvolga le realtà del posto. Vorrei portare il mio lungo lavoro sulla danza inclusiva a cui mi sto dedicando da molto tempo.















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