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Donnafugata, il castello dell’ ultimo dei “Gattopardi”



Montalbano, il brillante commissario di Vigata figlio dall’arguta penna di Andrea Camilleri, era solito salirla con un passo di corsa. L’ampia scalinata che porta alla grande terrazza che corre lungo l’intera facciata a mare del palazzo di Donnafugata (località a una ventina di chilometri da Ragusa) era il percorso obbligato per andare a incontrare il vecchio boss mafioso Balduccio Sinagra rinchiuso nel suo rifugio. Questo nella finzione filmica.

Nella realtà la scalinata che porta all’ampia loggia al piano nobile del castello di Donnafugata era un luogo di delizie. Era una delle “meraviglie” che il signore del castello offriva a se stesso, ai suoi familiari e ai suoi visitatori. Dalla spaziosa terrazza lo sguardo spazia non solo su quelli che erano i possedimenti della casata padronale, ma anche il non lontano mare di Sicilia. Inoltre la scalinata consentiva un accesso diretto all’enorme parco (ben 8 ettari) in cui sono presenti oltre 1500 specie vegetali. Era quella la dimora voluta (nella seconda metà dell’Ottocento) dall’ultimo “gattopardo” di Sicilia.

Sto parlando di don Corrado Arezzo de Spuches, VII° barone di Donnafugata. Corrado Arezzo non fu però solo un ricco latifondista immagine di una Sicilia antica e conservatrice. Fu invece un uomo che ha segnato la storia dell’isola facendosi interprete di una visione straordinariamente moderna e assolutamente anticonvenzionale.

Pur essendo un riverito notabile della nomenclatura borbonica, fu sulle barricate nel 1848 a Palermo contro Borboni per instaurare il Nuovo regno di Sicilia, fu governatore garibaldino, fu senatore del Regno d’ Italia, fu viaggiatore, fu grande esperto di botanica e in particolare grande collezionista di piante esotiche e aprì le porte della sua famiglia al matriarcato. Essenzialmente fu un “amante del bello”, del pensiero libero, sostenitore della “trasmissione del sapere”, nonché promotore della creazione di circoli culturali, oltre a raffinato collezionista e irriverente ideatore di “scherzi” con cui si burlava degli ospiti e di cui aveva disseminato il grande parco in cui, tra l’altro, aveva fatto realizzare anche un intrigante labirinto di pietra.

Corrado Arezzo, va detto ancora che, oltre ad essere una persona raffinata, certamente non lesinava danari per circondarsi di “meraviglie”, come lui stesso definiva le cose belle. A lui si deve la completa trasformazione della vecchia masseria appartenente alla famiglia sin dal 1648. Sull’origine del nome “Donnafugata” (che in antico dialetto vuol dire “donna morta soffocata”) circolano leggende inquietanti. Per una pare che quella contrada fosse stata il teatro di un atroce e misterioso femmicidio per motivi “d’onore”, per un’altra si risalirebbe alla regina di Sicilia Bianca di Navarra che nel XV secolo lì sarebbe stata imprigionata dal suo spasimante non corrisposto.

Oggi il ben restaurato castello di Donnafugata – divenuto richiestissima location per set cinematografici, conventions e matrimoni – si presenta proprio come quello voluto da don Corrado: una residenza di delizie con la sue terrazze, le sue merlature, la sua bella trifora neogotico veneziana al centro della facciata, nonché il fastoso arredo delle camere (in totale ben 120 di cui visitabili sono quelle al primo piano) tra cui spicca l’inattesa “Sala degli specchi”, una raffinatissima sala modello Versailles nel cuore della Sicilia rurale più profonda.

Merita, infine, di essere raccontato un “capriccio” che il barone si permise per appagare la sua innata curiosità per qualsivoglia novità. Ai tempi in cui stava realizzando il suo prestigioso castello erano in corso anche i lavori per la costruzione della ferrovia Ragusa – Cosimo (quella ancor oggi in funzione!). Don Corrado pagò le ferrovie per ottenere una deviazione della linea e avere una stazione “personale” davanti al portone di casa!















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