Giulio Regeni, i genitori a caccia della verità 

Sono passati più di due anni dalla morte del ricercatore in Egitto. Tra depistaggi e reticenze regna il mistero. Se ne parla oggi a «Un libro un rifugio»


di Daniela Mimmi


LA VILLA. Sono passati più di due anni dalla morte, assurda e ancora circondata dal mistero di Giulio Regeni, giovane ricercatore italiano con la passione per i giornalismo. I suoi genitori, Paola e Claudio, continuano a cercare risposte, parlare con la gente, far capire chi era il loro Giulio. Nell’incontro di Un libro un rifugio del 9 agosto alle 17,30 nella Sala delle manifestazioni di La Villa, non si parlerà quindi di libri, ma di una storia vera e drammatica, che potrebbe essere un romanzo, o meglio un thriller o chissà, una spy story. Paola Regeni ha 57 anni ed è un'insegnante in pensione. Suo marito Claudio Regeni è un rappresentante e ha 63 anni. Giulio era il loro primogenito e unico figlio maschio. La figlia minore si chiama Irene. Ciò che è accaduto a Giulio Regeni non è solo un mistero ma un caso giudiziario complesso per il quale i genitori di Giulio chiedono la collaborazione della gente per ottenere giustizia e verità, due valori per i quali spesso si scrive, e si combatte. Qual è, dunque, dopo più di due anni, la verità sulla morte di Giulio Regeni, rapito il 25 gennaio 2016 in Egitto e ritrovato morto una settimana dopo, in un fosso di una zona della periferia della città egiziana, con segni di torture, bruciature di sigarette e ferite da taglio? Dopo le pressioni internazionali e le ipotesi secondo cui Regeni sarebbe stato scambiato per una spia e per questo arrestato, è arrivata la versione della polizia egiziana: Regeni sarebbe stato rapito da una banda criminale i cui componenti sono stati a loro volta uccisi. Tra reticenze e depistaggi, resta uno spiraglio per la ricerca della verità sulla morte del giovane ricercatore italiano? Giulio Regeni, nativo di Fiumicello, in provincia di Udine, stava frequentando l’Università di Cambridge, ed era in Egitto per la sua tesi. Era un ragazzo decisamente intraprendente: dai 12 ai 14 anni era stato sindaco dei ragazzi del suo Comune. Poi aveva lasciato Fiumicello per frequentare il liceo a Trieste, e all’estero con una borsa di studio: gli ultimi tre anni di liceo nel New Mexico, negli Stati Uniti, e poi l’Università in Inghilterra, prima Oxford dove aveva conseguito una laurea a indirizzo umanistico e poi il dottorato a Cambridge, che lo aveva portato al Cairo, a settembre del 2016. Lì faceva ricerche per una tesi sull'economia locale. Appassionato di studi sul Medio Oriente, capace di parlare arabo e inglese alla perfezione, aveva vinto due premi nel 2012 e nel 2013 al concorso internazionale ''Europa e giovani'' promosso dall'Istituto regionale per gli studi europei per ricerche e approfondimenti sul Medio Oriente. E sempre, con la passione per il giornalismo. Dagli Stati Uniti aveva iniziato scrivere per il mensile triestino Konrad e aveva iniziato a collaborare per diverse testate giornalistiche, spesso con lo pseudonimo di Antonio Druis e pubblicati dall'agenzia di stampa Nena e, postumi, dal Manifesto. Tra questi, aveva descritto la difficile situazione sindacale dopo la rivoluzione egiziana del 2011.















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