L’INFELICITÀ SENZA DESIDERI DI HANDKE 

Infelicità senza desideri” è un titolo bellissimo per un breve romanzo che possiamo definire solo “impeccabile”. Appena ristampato da Guanda, sempre con la traduzione di Bruna Bianchi, che...



Infelicità senza desideri” è un titolo bellissimo per un breve romanzo che possiamo definire solo “impeccabile”. Appena ristampato da Guanda, sempre con la traduzione di Bruna Bianchi, che conoscevamo, il libro dello scrittore austriaco, sloveno per parte di madre, premio Nobel per la letteratura 2019, è uscito originariamente nel 1972. All’epoca Handke aveva 30 anni. L’anno prima aveva appreso da un giornale locale che sua madre si era suicidata.

L’evento ha messo in moto il bisogno di scriverne, subito. E farlo in maniera precisa, rigorosa, potremmo dire a-romantica, pur se sofferta, in modo tale da aderire quanto più saldamente possibile alla realtà dei fatti. Ma al tempo stesso con la consapevolezza di fare, di questa morte, un “caso”.

Il risultato è una storia della madre dalla quale tutto il superfluo, compreso lo stesso Handke, è stato tolto. Nessun dialogo, nessuna azione nel vero senso della parola, nessun ricordo commovente. Nessun pathos fuor di misura.

In compenso queste pagine restituiscono al lettore il ritratto vero, trasparente, psicologicamente attendibile, di una donna. E al tempo stesso anche il ritratto di una generazione di donne, nate e cresciute in provincia, sposate male, passate quasi inconsapevolmente attraverso un’esperienza indicibile come l’ascesa del nazismo e la Seconda guerra mondiale. Donne diventate madri presto, a volte controvoglia, altre volte costrette ad abortire “per le spiccie” al fine di evitare di trascorrere la vita perennemente incinte. Donne, in definitiva, la cui vitalità è stata spenta da un’esistenza conformista, condotta assieme a mariti e figli inadeguati, disillusi a loro volta, inetti al lavoro, inclini al bere. Né è di conforto il paese, dove la protagonista approda dopo un breve soggiorno a Berlino, l’appartenenza ad un Volk, o perlomeno ad una comunità di vicinato.

I libri, riscoperti tardi, dopo che il giovanile desiderio di studiare è stato frustrato dall’indifferenza della famiglia, sono un conforto temporaneo, la lezione che la protagonista ne trae è che comunque “è troppo tardi”.

I nuovi orizzonti della politica, della democrazia, rimangono parimenti lontani rispetto ad un susseguirsi di giornate fatte di ordinario grigiore e ordinarie privazioni, sopportate con ostentata dignità.

Handke non è un autore facile, pur avendo conosciuto, anche prima del Nobel, un certo successo, culminato nelle collaborazioni con Wim Wenders, compresa quella per il film “Il cielo sopra Berlino”. La sua vicinanza alla Serbia di Milosevic durante le guerre balcaniche ha alimentato polemiche che lo scrittore ha perlopiù lasciato cadere. La sensibilità di un lettore odierno potrebbe avvicinarlo a Annie Ernaux. Il massimo con il minimo. La verità raggiunta per sottrazione, anziché per accumulo.















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