Nella Roma barocca dei papi alla ricerca dell'estasi



Per secoli i fedeli e i viaggiatori hanno raggiunto Roma, la “caput mundi”, non solo per accumulare indulgenze, ma essenzialmente per restare stupiti e affascinati da quanto l’ingegno e le capacità umane avevano potuto realizzare per esaltare potere e fede.

Nella Roma barocca del Seicento, quella i grandi Papi, la ricerca dello “stupefacente” - in grado di poter sbalordire e distrarre - raggiunse il suo apice assoluto. L’artefice di questo “miracolo” fu Gianlorenzo Bernini. Oltre che sublime scultore, architetto e scenografo, fu un autentico genio nella realizzazione di “effetti speciali”: nel creare meraviglia. Nessuno come lui riuscì infatti a raffigurare il “non umano”. La sua unicità: rendere visibile l’incontro con il divino: l’ estasi .

Una conferma? Una breve “passeggiata romana” in tre tappe, ricercando il sublime “firmato” Bernini.

Prima tappa: Piazza San Pietro. Basta porsi al centro dell’enorme piazzale da lui progettato per sentirsi realmente “abbracciati”. Gianlorenzo riuscì a realizzare il desiderio di Papa Alessandro VII Chigi che voleva trasmettere ai fedeli il concetto di “inclusione”. In realtà il trovarsi cinti da una imponente selva ben 284 possenti colonne dava, e continua a dare, il senso di essere noi stessi al centro del mondo e nel contempo essere al cospetto del soprannaturale. Seconda tappa: la Chiesa delle carmelitane di Santa Maria Vittoria. Lì si può rivivere lo stupore e la meraviglia che certamente provò anche il cardinal Federico Cornaro committente dell’opera. Bernini riuscì infatti a scattare, nel marmo, una fotografia istantanea di un miracolo! Più esattamente della “transverberazione” di Santa Teresa d’Avila. E’ l’opera che tutti conosciamo come “estasi” della mistica spagnola santificata pochi anni prima. La genialità assoluta di Bernini nel raccontare con la pietra questo evento straordinario è stata quella di realizzare la scena mistica in un teatro con tanto di palchetti laterali dove i cardinali e i dogi della famiglia Cornaro stavano assistendo allo “spettacolo” del momento preciso in cui l’Angelo trafiggeva il cuore della Santa, la “transverberazione” divina. La stessa Santa Teresa testimonia direttamente l’accaduto nella sua autobiografia nell’opera 29 capitolo 13 in cui scrive: “vedevo vicino a me sul lato sinistro un angelo in forma corporea. Quel cherubino teneva in mano un lungo dardo d’oro sulla cui punta sembrava avere un po' di fuoco. Pareva che mi configgesse a più riprese nel cuore, ma era così grande la dolcezza che mi infondeva questo enorme dolore che non c’era da desiderarne la fine”.

Fin da subito quel dolore che portava alla beatitudine è stato interpretato, non senza malizia, come un’estasi conseguente ad un orgasmo fisico dove la Santa, ormai senza forze, abbandona languidamente i suoi arti, con gli occhi rovesciati dalla passione e la bocca gemente. Il tutto su una nuvola che si eleva viene illuminata dal Divino. E questo non solo per l’abbagliante raggiera che scende dal cielo, ma anche grazie alla luce naturale che magicamente illumina il gruppo marmoreo grazie alla finestrella che, come un moderno riflettore, illumina dall’alto la scena madre di una rappresentazione teatrale. E poi che dire, ancora, di quell’espressione malandrina dell’angelo tentatore?

Terza tappa: Tralasciando una visita a quell’imperdibile scrigno che è la Galleria Borghese (dove il magnanimo cardinale Scipione Borghese aveva collezionato i massimi suoi capolavori del suo “protetto”) merita raggiungere la chiesa di San Francesco a Ripa a Trastevere. Lì, ormai in età matura, Bernini ha confermato la sua ineguagliabile capacità di fermare, di immortalare, l’attimo fuggente. Ancora una volta è la rappresentazione di un’ altra estasi impalpabile. E’ quella scolpita nel sublime monumento funebre della beata Ludovica Albertoni.















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