One More Jump, il parkour aiuta a superare le barriere della vita

Roma. Tra le bombe, il filo spinato e le macerie della Striscia di Gaza c'è anche chi, come Abdallah e Jehad, salta divertito tra mille acrobazie. È quello che racconta il pluripremiato One More Jump...



Roma. Tra le bombe, il filo spinato e le macerie della Striscia di Gaza c'è anche chi, come Abdallah e Jehad, salta divertito tra mille acrobazie. È quello che racconta il pluripremiato One More Jump di Emanuele Gerosa già alla 17esima Festa del Cinema di Roma e ora in streaming gratuito, previa prenotazione, nella giornata odierna, alle ore 21, con CG Premiere, preceduto dalla presentazione dell'autore.

Per chi non potrà partecipare all'evento in diretta il film sarà comunque disponibile On Demand per il noleggio e l'acquisto digitale su www.cgdigital.it.

Che accade nel film? C'è appunto il racconto di questi due ragazzi amanti del parkour, sport estremo nato in Francia, pieno di ostacoli da superare con grandi acrobazie. Entrambi sono a loro modo dei campioni che hanno passato la loro giovinezza a provare nuovi esercizi tra recinzioni, strutture bombardate e cimiteri abbandonati nella periferia della città. Non solo, sia Abdallah che Jehad hanno insegnato il parkour alle nuove generazioni di Gaza quasi come una terapia, un sostegno contro l'oppressione di questo popolo controllato dai droni israeliani e che vive tra continui disagi e pericoli. Abdallah, fondatore e leader storico del Gaza Parkour Team, ha lasciato da tempo il suo paese e si è trasferito in Italia, in Toscana, dove è sempre in cerca di lavoro aspettando di diventare un atleta professionista. Jehad, che ha preso il suo posto nella scuola, invece vive ancora segregato a Gaza, insieme alla madre e a un padre paralizzato, e sogna di fuggire (è in attesa di un passaporto che non arriva). Jehad pensa poi che Abdallah, suo maestro, sia poco più di un traditore che li ha abbandonati. Ma questi ha la sua ultima occasione, decide infatti di iscriversi alla competizione di parkour in Svezia e partire così dall'Italia per partecipare a questa gara che potrebbe cambiargli la vita. Nel frattempo anche Jehad ha il suo colpo di fortuna: riceve infatti il visto che aspettava da anni per avere il passaporto. Ma riuscirà a lasciare la famiglia che conta solo su di lui e a trovare anche le medicine per il padre che si possono comprare solo in Israele? «Ho voluto usare il parkour come una metafora visiva della condizione in cui questi ragazzi vivono - dice Gerosa nelle sue note -. A Gaza infatti gli ostacoli e le barriere sono ovunque e superarli è parte della vita quotidiana di ognuno fin dalla nascita. I ragazzi del Gaza Parkour si cimentano ogni giorno in acrobazie sempre più pericolose, sfidando in maniera simbolica le barriere della realtà in cui sono nati e quel muro invalicabile che li separa dal mondo esterno. Per loro rappresenta il modo di riappropriarsi della loro terra, recuperare una libertà negata e mantenere viva la speranza in un futuro migliore».













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