«Sudtirolo libero da lupi? Idea miope e arretrata» 

Il docente, erede di Golser, spezza una lancia a favore dei grandi predatori «La strada per convivere c’è, servono meno isteria e un po’ più di raziocinio»


di Ulderico Sild


Martin M. Lintner è l’astro nascente della Teologia Morale a livello europeo. Allo Studio Teologico Accademico di Bressanone siede sulla cattedra che già fu del compianto vescovo Karl Golser e come lui ha posto al centro della propria attività la salvaguardia del Creato e in particolare la teologia animale. Classe 1972, nato in una famiglia contadina di Aldino - dove suo fratello conduce ancora (con criteri di grande attenzione per il benessere del bestiame) il maso paterno - ha studiato all’Università Gregoriana di Roma e si è laureato a Vienna. Frutto più recente dei suoi studi è un libro che sta diventando un piccolo best-seller: “Der Mensch und das liebe Vieh (L’uomo e le care bestie)” edito dalla Tyrolia.

Ovviamente di questi tempi giunge spontaneo porre a un personaggio di questo rango soprattutto domande relative all’attuale dibattito sulla rinnovata presenza dei grandi predatori sulle nostre montagne, tanto più che ci troviamo di fronte a un filosofo non digiuno di zootecnica.

Si potrebbe provocatoriamente far notare che nel nostro territorio né il lupo né l’orso dopo la loro ricomparsa o reintroduzione hanno mai ammazzato qualcuno, mentre invece nello stesso periodo in Tirolo mucche al pascolo hanno travolto e ucciso due escursioniste.

«È proprio così. Gravi incidenti del genere non sono d’altra parte infrequenti qui da noi: ricordo che anche nella zona del maso dei miei genitori un toro imbizzarrito ha ferito mortalmente un nostro vicino. Non bisogna d’ altra parte mai dimenticare che il rapporto con gli animali - ovviamente in misura più accentuata quello con gli animali di una certa dimensione – cela sempre qualche rischio. Anche se si tratta di animali domestici o d’ allevamento resta sempre una certa ambivalenza tra utilità e pericolo. Per quanto riguarda il lupo e l’orso, dal mio punto di vista è indubbiamente di estrema importanza che noi ci si confronti in modo basilare con il problema, e alla base c’ è il fatto che oggigiorno l’ uomo pretende l’occupazione esclusiva di un ambiente che fino a 100 – 150 anni fa ancora condivideva con questi grandi predatori. Capisco senz’ altro i problemi dei contadini – anche mio fratello ha un gregge all’ alpeggio e non fa certo i salti di gioia all’ idea che qualche carnivoro glielo decimi – ma bisogna anche dire che per lungo tempo ci siamo adagiati nel lusso di non dover più convivere con questi grandi animali lasciando greggi e armenti incustoditi anche in alta montagna. Altrove questa presenza non si è mai interrotta e quindi l’ uomo ha dovuto trovare una forma di coesistenza, anche se si tratta in effetti di una coesistenza mai del tutto priva di conflitti, soprattutto quando si verificano danneggiamenti. A proposito della polemica sviluppatasi qui da noi, penso davvero che bisognerebbe riportarla su di un piano razionale ed oggettivo».

A cosa si riferisce in modo particolare?

«Ad esempio, per quanto riguarda il lupo, significa che dobbiamo confrontarci con il dato di fatto che esso è tornato senza che qualcuno lo abbia reintrodotto e che quindi è indice di mentalità arretrata sentenziare ossessivamente che il Sudtirolo deve restare libero dai lupi. C’è da chiedersi: abbiamo da un punto di vista dell’ etica ambientale il diritto di pretendere per noi uomini l’ uso esclusivo di un territorio che non ci è assolutamente indispensabile quale zona vitale? L’ atteggiamento corrente non è assolutamente realistico, quando sappiamo che dalla Slovenia, dal resto d’ Italia, dalla Svizzera sono in arrivo branchi che non si fermeranno semplicemente ai confini. E quindi dire “va bene, allora spariamo a tutti i lupi che entrano in Sudtirolo” rivela un modo di pensare troppo miope. È invece veramente giunto il momento che per proteggere i nostri animali domestici e da resa, noi si prenda con urgenza esempio da altre regioni che avendo lo stesso problema hanno varato programmi che, anche se permangono situazioni di conflitto, sembrano funzionare in modo tale che non è più minacciata la sopravvivenza delle attività agricole e del patrimonio zootecnico. Bisogna anche maturare la consapevolezza che si tratta di programmi che per essere realizzati completamente necessitano di diversi anni, soprattutto perché i cani da pastore, che sono l’ elemento determinante di queste strategie, devono crescere assieme alle greggi e agli armenti. Insomma, bisogna muoversi e non voler solo evitare di dover fare qualcosa arroccandosi testardamente su posizioni primitive. Gli animali d’ allevamento non devono più essere lasciati incustoditi perché laddove vengono usati i cani da pastore non ci sono danni. L’ esempio più efficace è quello di una pastora originaria della valle di Sesto che si è trasferita in Svizzera in una zona dove i lupi ci sono eccome e che nonostante ciò non ha subito alcuna perdita. Ha sei cani di cui due restano sempre la notte nel recinto all’aperto con le pecore. In quattro anni ci sono stati due incontri tra i cani da pastore e i lupi e in entrambi i casi questi ultimi si sono ritirati. Questa è la prova evidente che le greggi possono essere protette».

Nei rapporti con il mondo animale l’ uomo si adagia abitualmente in situazioni di comodo: ad esempio pochi riflettono sul fatto che sono predatori (responsabili addirittura dell’ estinzione di alcune specie di uccelli) anche i gatti domestici che lei ama molto. Gli ornitologi sostengono che la popolazione felina è eccessiva e che sarebbe più che necessario un contingentamento mediante campagne di sterilizzazione.

«È vero. Specialmente gli uccelli sinantropici, quelli che vivono accanto ad insediamenti umani, sono gravemente minacciati. È un problema che ci ricorda con evidenza che i piccoli predatori, anche se piccoli, sono pur sempre predatori. I gatti ci fanno comodo quando mangiano i topi, ma quando sterminano intere colonie di uccelli canori capiamo che rappresentano anche un grosso problema. Proprio qui si evidenzia anche il nostro rapporto ambivalente con gli animali: per alcuni di essi faremmo di tutto mentre di altri poco ci importa e non facciamo nulla per aiutarli. Dovremmo riflettere anche sul fatto che i cani e i gatti che teniamo in casa, anche nel caso che non vadano a caccia, li nutriamo pur sempre con prodotti di derivazione animale, magari con crocchette fatte con i residui della macellazione industriale di bovini allevati in stalle-lager. Proprio per questo è importante che nasca una nuova etica nei rapporti che intratteniamo con specie diverse da quella umana».

Nel suo libro lei non nasconde che la Chiesa ha storicamente non poche responsabilità per la sofferenza animale.

«Per fortuna da una ventina di anni nella Chiesa, anche e soprattutto negli incontri ecumenici, si sta sviluppando una nuova consapevolezza ecologica. Già Giovanni Paolo II e Benedetto XVI hanno affrontato il tema imprimendo un indirizzo più olistico alla concezione del Creato. La salvaguardia del Creato è divenuta un deposito della fede per tutte le confessioni cristiane. Ora Francesco II con l’enciclica “Laudato si” è andato ancora più avanti dichiarando per la prima volta il valore inerente degli animali, cioè il valore che hanno di per se stessi, non soltanto per i fini altrui, cioè non solo per l’ utilità che essi costituiscono per l’ uomo. Nell’enciclica inoltre viene per la prima volta indebolita la tradizionale “dispotica” concezione antropocentrista del creato. Viene criticato anche il fatto che l’uomo si sia sempre visto come il prodotto più alto della creazione. Il vertice della creazione non è l’ uomo, ma è il suo incontro con Dio, incontro nel quale sono compresi anche gli animali. Interessante è poi il rimando al fatto che nella Bibbia anche gli animali hanno diritto al sabbath, cioè anche un animale da lavoro ha diritto di riposarsi al sabato. Non solo: l’ unica eccezione che viene fatta al divieto di lavorare al sabato riguarda il salvataggio o la cura di un animale. Gesù stesso (Luca 13) dice al capo della sinagoga che l’aveva accusato di aver prodotto una guarigione nel giorno di riposo: “Ipocriti, non scioglie forse, di sabato, ciascuno di voi il bue o l’asino dalla mangiatoia, per condurlo ad abbeverarsi?”. Insomma, non serve essere progressisti sfrenati, basta guardare al Vangelo per comprendere che bisogna rispettare maggiormente il Creato e chi lo abita assieme a noi uomini».













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