«Vorrei spingere il pubblico a farsi delle domande» 

Bolzano, “Quello che non ho” in scena da stasera al Comunale nella stagione Tsb «Ho messo insieme De Andrè e Pasolini perchè sono la nostra coscienza critica»


di Daniela Mimmi


BOLZANO. Quello che non abbiamo è veramente quello di cui abbiamo bisogno? Forse, più semplicemente, come scriveva e cantava Fabrizio De André, “quello che non ho è quello che non mi manca”. O almeno così dovrebbe essere. E proprio “Quello che non ho” è il titolo che Neri Marcorè, insieme al suo regista e coautore Giorgio Gallione, ha scelto per lo spettacolo che il Teatro Stabile di Bolzano porta in scena al Teatro Comunale da oggi giovedì 5 aprile a domenica 8 aprile, che lo vede in scena affiancato da Giua, Pietro Guarracino e Vieri Sturlini, tre chitarristi- cantanti di grande talento. “Quello che non ho” è un affresco teatrale che cerca di interrogarsi sulla nostra epoca, in precario equilibrio tra ansia del presente e speranza nel futuro, nella forma del teatro canzone. Si parte dalle canzoni di De André per incrociarle con le visioni lucide, beffarde e profetiche di Pier Paolo Pasolini. Chiediamo a Neri Marcoré perchè ha scelto proprio questa canzone di Fabrizio De André per dare il titolo al suo spettacolo. «È un bel titolo. Avrei voluto intitolarlo “La rabbia”, ma mi sembrava poco accattivante. La narrazione gira intorno alle cose, quasi sempre superflue, che abbiamo, e a quelle che non abbiamo, come i valori, il senso della solidarietà. Ci sono tante domande che si riverberano sul pubblico».

Perchè ha messo insieme De André e Pasolini?

«Perchè no? Naturalmente non sarebbero accostabili, ma hanno tanti tratti in comune. Non erano populisti, non erano furbi, non erano accettati, non cercavano l’ approvazione, dicevano quello che pensavano ed erano onesti».

Ha conosciuto personalmente Fabrizio De André?

«Purtroppo no. Ci siamo solo incrociati durante uno spettacolo televisivo un anno circa prima che morisse. Mi sarebbe piaciuto conoscerlo bene».

Quali canzoni ha scelto di De André e perchè?

«Abbiamo scelto canzoni funzionali allo spettacolo, che piacciono sia a me che al regista, e che so cantare. “Nuvole” è solo l’ispirazione».

Lei porta in scena due contestatori, come si diceva una volta, in una società in cui nessuno contesta più.

«Li porto in scena proprio perchè c è bisogno di contestazione, bisogna ripensare a come è costruita la nostra società, avere di nuovo una coscienza critica, vedere in modo critico, ad esempio, il nostro voler accumulare oggetti inutili. Possedere non è essere. Vorrei provocare questa riflessione, vorrei spingere il pubblico a farsi delle domande, a essere onesto, senza assolversi, elaborare delle riflessioni, essere uno stimolo per una costruzione culturale e intellettuale che preveda l’impegno, anche politico. Tutti abbiamo paura di farci coinvolgere, crediamo e speriamo che ci pensino gli altri. Dopo 3 anni di tour, mi sono reso conto che la gente ha bisogno di questo messaggio».

Le contestazioni di De André e Pasolini sono ancora le nostre?

«Loro erano archetipi, avevano coscienza di sè. Le contestazioni degli anni Settanta erano diverse da quelle di oggi, c’era una diversa coscienza critica, e dobbiamo anche pensare che poi hanno creato gli anni di piombo. Adesso siamo fermi sui nostri diritti conquistati, sulle vecchie battaglie e non abbiamo voglia di impegnarci».

Con il passato riesce a spiegare il presente?

«Il passato è solo il punto di partenza da cui partire, appunto per costruire il presente, senza predicare solo, ma anche contestare».

Secondo lei il teatro può contribuire a dare una nuova coscienza?

«È il solo posto dove si può fare, perchè è la sola forma d’ arte capace di riunire delle persone. È l’unico mezzo di comunicazione possibile. La televisione parla a gruppi di persone, il teatro parla al singolo. In sala ogni spettatore è a se stante. Il teatro riunisce, dà un senso di appartenenza».

Pensa di essere riuscito a creare un nuovo tipo di teatro canzone?

«No, non ho inventato niente. Sono riuscito semplicemente a mettere insieme e portare sul palco le due cose che amo di più: la musica e il teatro, cantare e recitare».















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