Apprendistato, «modello da imitare»

Uno studio del Ministero dell’economia loda il sistema altoatesino: «Un freno alla disoccupazione giovanile»


di Susanna Petrone


BOLZANO. Roberto Cicciomessere è un politico e informatico italiano, esponente del Partito Radicale da decenni. Già deputato e parlamentare europeo, dal 2003 è consulente per le politiche del lavoro presso l’agenzia “Italia Lavoro” (società per azioni totalmente partecipata del Ministero dell’Economia e delle Finanze). È considerato uno dei massimi esperti per quanto riguarda il ruolo della donna nel mondo del lavoro e gli esiti professionali dell’apprendistato. E proprio di quest’ultimo settore si è occupato qualche settimana fa, confrontando il sistema duale di apprendistato altoatesino, con quello nazionale. L’esito parla chiaro: il modello della provincia autonoma di Bolzano va preso come esempio, ma solo per fronteggiare, in parte, la disoccupazione giovanile. C’è una nota dolente: i giovani italiani (soprattutto le donne) mostrano uno scarso interesse per questo modello.

Ma vediamo nel dettaglio il lavoro svolto da Cicciomessere, insieme alla direttrice dell’ufficio dell’apprendistato nell’amministrazione provinciale Caecilia Baumgartner. «Il crescente tasso di disoccupazione giovanile italiano costituisce una delle maggiori criticità del mercato del lavoro nazionale - spiega Cicciomessere, che è nato a Bolzano, dove ha vissuto fino a cinque anni -. Seppure il numero di disoccupati presenta valori analoghi a quelli di altri Paesi membri, considerando l’incidenza sulla stessa fascia di età, a preoccupare è l’elevato tasso di disoccupazione, il terzo in Europa dopo Grecia e Spagna; il fenomeno dipende dalla percentuale contenuta di giovani che lavorano e dall’elevata quota di inattivi, circa il 60% della popolazione di riferimento. Una delle principali, se non la più importante, cause di bassa partecipazione giovanile al mercato del lavoro è costituita dal ritardo nella transizione istruzione-lavoro, assieme ai divari riscontrati tra le Regioni del Centro-Nord e quelle del Sud. Occorre pertanto intervenire nel mondo scolastico (specie quello del Mezzogiorno) incentivando quelle politiche basate soprattutto sulla promozione dell’apprendistato, accanto agli altri percorsi tradizionali di formazione in aula. Emerge infatti una ridotta percentuale, rispetto alla media europea, di giovani che frequentano corsi di studio e che allo stesso tempo lavorano: nel nostro Paese sono solo il 2,8%, contro il dato medio del 13,6% che aumenta al 23,5% in Germania. Più alta è quindi la partecipazione giovanile a questi percorsi, maggiori sono le possibilità di trovare un impiego».

E qui entra in gioco l’Alto Adige: «Nel nostro Paese, la provincia autonoma di Bolzano si differenzia proprio per l’elevato tasso di occupazione dei giovani fino a 25 anni di età (40%, con un’elevata incidenza delle donne), mentre solo l’11,6% non ha trovato una collocazione professionale. Un contributo significativo all’elevata quota di occupati (soprattutto minorenni) è offerto dal contratto di apprendistato, in particolare quello di primo livello, per la qualifica e il diploma professionale (ex art. 3 DLgs n. 167/11). Solo la provincia autonoma di Bolzano ha infatti integrato, secondo il modello duale in vigore nei paesi di lingua tedesca, l’apprendistato per la qualifica e il diploma professionale all’interno del sistema pubblico di istruzione e formazione: al giovane in possesso della licenza media sono infatti offerti quattro percorsi, dal liceo all’istituto tecnico, dalla formazione professionale a tempo pieno, fino a quella in apprendistato per il conseguimento della qualifica o del diploma per 108 profili professionali. L’iter formativo prevede un sistema di apprendimento fatto di esperienze sia nella scuola professionale (con frequenza obbligatoria) che sul luogo di lavoro, con almeno 400 ore annuali di formazione formale, mentre la retribuzione è determinata sulla base di scaglioni annuali ed è dovuta anche per le ore di frequenza scolastica. Il 46,8% dei rapporti di lavoro dipendente in apprendistato della provincia viene poi svolto in imprese artigiane, costituendo l’incidenza più alta nelle regioni e nelle province autonome italiane». Ecco il bilancio di Roberto Cicciomessere: «L’apprendistato contribuisce al contenimento del tasso di disoccupazione a livelli elevati rispetto al resto del Paese, dimostrando la possibilità di adottare con successo il modello duale di matrice tedesca anche nel nostro contesto. Di contro, la scarsa propensione dei giovani altoatesini di lingua italiana (soprattutto le donne) a partecipare ai corsi per apprendisti, contestualmente alla poca attrattività che l’apprendistato presenta per alcune famiglie in tema di aspettative sociali, rappresentano ancora i principali ostacoli sui cui occorre insistere per sostenere l’importanza e la validità dell’istituto. Ulteriore elemento ostativo alla trasferibilità è rappresentato dalla rete di scuole professionali pubbliche ben sviluppata in Alto Adige, in possesso di risorse finanziarie sia nella formazione e occupazione degli insegnanti delle scuole professionali, sia nelle attrezzature delle scuole, aspetti che nelle altre regioni sono ancora distanti da questo modello».

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