«L’austerità ha fallito Battaglia in Europa»

Renzi, alleanza con Valls: «Senza crescita e lavoro vinceranno i populismi» Le regionali? «Non sono un test su di me, niente conseguenze sul governo»


di Chiara Bert


TRENTO. «L’austerità ha fallito» e a settembre, «quando avremo finito di fare le riforme», l'Italia inizierà «con una determinazione che non immaginate» una battaglia contro il rigore. Non dico che andremo a fare casino, ma ci si avvicina». Dal Festival dell’economia di Trento il premier Matteo Renzi promette lotta dura e l’inizio di una stagione nuova. Lo ha fatto ieri pomeriggio - in un confronto moderato dalla giornalista Lilli Gruber - forte dell’alleanza con il primo ministro francese Manuel Valls, suo alleato in questa scommessa contro il fronte di chi a Bruxelles e nelle capitali europee «continua a pensare che bastino gli aggiustamenti di budget» per cambiare marcia. E invece, per vincere i populismi anti-europei che dalla Grecia alla Gran Bretagna, passando per il Front National in Francia e Grillo in Italia, secondo Renzi e Valls c’è un’unica ricetta, un’unica via d’uscita: «un’idea di Europa che cresce e crea lavoro». Il popolo del Festival, che per entrare all’Auditorium S.Chiara si è messo in coda un’ora e mezzo prima dell’inizio del confronto, e che la sera prima era qui ad ascoltare Stiglitz e il suo j’accuse all’austerity, applaude, più volte.

IL CLIMA È CAMBIATO. Rispetto a un anno fa «il clima è cambiato» annuncia il presidente del consiglio italiano: ci sono stati il piano Junker per gli investimenti da 300 miliardi di euro, la flessibilità sui parametri dei conti pubblici, che per l’Italia - ricorda il premier - vale 6 miliardi - e soprattutto l’operazione di quantitative easing voluta dalla Bce di Mario Draghi. Un anno fa l’Italia era, con la Grecia, la malata d’Europa. Oggi, con il suo debito pubblico che pesa come un fardello, prova timidamente ad agganciare la ripresa. «Ma ciò che si è fatto non è sufficiente», avverte Renzi. «Abbiamo un problema di debito pubblico, verissimo, ma se si taglia, si abbassa la crescita e quindi si alza il debito, e allora bisogna tagliare ancora. Un circolo vizioso».

TAGLI DEVASTANTI. E per chiare il concetto il premier cita il sindaco di Trento Andreatta che lo ascolta in prima fila, che in sei anni ha visto ridurre gli investimenti da 89 a 24 milioni all’anno. «Con questi tagli devastanti è ovvio che la crescita non c’è». Il giudizio di Renzi è senza appello: «La politica europea, la ricetta di rigore e austerity mentre tutti gli indicatori crollavano rispetto all’America, all’Oriente e perfino all’Africa, ha portato l’America a crescere e l’Europa a restare ferma». Per il premier è fallito il sogno alla base dell’accordo di Lisbona di 15 anni fa: un’Europa guida del mondo.

LAVORO O USCIREMO DALLA STORIA. L’asse con Valls è solida. «L’Europa deve tornare a crescere. Senza investimenti e occupazione uscirà dalla storia e vincerà il populismo», è la profezia del primo ministro francese che si scaglia contro le analisi economico-finanziarie del Wall Street Journal. Che incalzato da Lilli Gruber guarda anche in casa propria, e dice: «Sono primo ministro non è per caso ma perché ho incarnato l’esigenza delle riforme in Francia. Il malato d’Europa all’inizio del 2000 era la Germania che poi ha fatto riforme difficili con Schroeder. Si può ridurre la spesa pubblica salvando il welfare». Proprio sul riformismo Valls sprona la gauche: «È passata un’idea di riformismo timido meno esaltate di un’idea di rivoluzione appannaggio dei coraggiosi. Non è così». Renzi di suo semplifica: «In Italia la storia della sinistra è stata un eterno dibattito tra rivoluzionari che scaldano l’anima e perdono le elezioni e riformisti che sanno le cose giuste da fare ma non riescono a comunicarle». Per questo la sfida è «dare al riformismo un’anima». Chissà quanto, mentre lo dice, il premier pensi alla sfida tutta interna al Pd che si gioca oggi con il voto in sette Regioni.

TEST REGIONALI. Alla domanda di Gruber, se le regionali siano un referendum su di lui, Renzi risponde di no: «Dobbiamo abituarci a considerare le elezioni per quello che sono, non un sondaggio di gradimento sul governo. Non ci saranno conseguenze sull’esecutivo». Questo ieri, domani si vedrà. Intanto il premier annuncia che la prossima sfida sarà la riforma della Pubblica amministrazione: «Oggi abbiamo settori che si parlano dandosi del voi. Un problema di dignità per gli italiani».

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