Occupazione femminile, lavoro precario e part time

Lo evidenzia il rapporto dell’Ipl relativo alla medie e grandi aziende altoatesine Morandini: «Le donne rimangono una costante eccezione nei posti apicali»


di Maurizio Dallago


BOLZANO. Lo stato dell’occupazione femminile? C’è ancora molto da fare, bisogna superare i meccanismi che frenano la partecipazione delle donne. Così, ieri mattina in consiglio provinciale, con la presentazione del rapporto biennale sull’occupazione femminile nelle aziende altoatesine con più di 100 dipendenti, realizzato dall’Afi-Ipl (Istituto promozione lavoratori) su incarico della consigliera di parità, Michela Morandini.

«Parlare di lavoro è parlare della questione centrale della nostra vita, perché è il lavoro che permette di essere persona a pieno titolo, di avere una casa, una famiglia, dei figli», sottolinea il presidente del consiglio provinciale Roberto Bizzo, aprendo la presentazione del rapporto relativo al biennio 2014-2015. «Nel periodo in cui i lavoratori del baby boom si ritirano e si aprono spazi per le nuove generazioni - così Bizzo - è importante garantire spazi di piena partecipazione alle donne, frenate ora dal cosìddetto “tetto di cristallo” che impedisce l’accesso alle posizioni apicali, dal gender gap relativo al salario, dalla necessità di coniugare lavoro fuori casa e lavoro di cura e sostegno in famiglia: se si vuole garantire la partecipazione di tutti al mondo del lavoro, bisogna mettere sul piatto tutti gli strumenti necessari per superare questi ostacoli».

Sottolineando la collaborazione con l’Afi/Ipl, grazie al quale ogni 2 anni, ormai per la quarta volta, vengono elaborati i dati delle aziende altoatesine con più di 100 dipendenti, la consigliera di parità Michela Morandini, ha evidenziato come «comparando i dati con quelli del precedente rapporto, relativo al biennio 2012/2013 vengano confermate alcune evidenze: nelle medie e grandi aziende private altoatesine, le donne sono coloro che hanno ancora e sempre a che fare più spesso degli uomini con rapporti di lavoro precari e part-time involontario, quale strumento anticrisi». «Il mondo femminile rimane inoltre una grande eccezione nei posti apicali. È ovvio che tutti gli interventi fino ad oggi non hanno portato ai risultati sperati: appare pertanto necessario un investimento in una cultura sociale e famigliare, per rompere con i vecchi modelli di ruolo, ma anche in una cultura imprenditoriale sensibile al genere: non ci possiamo permettere di escludere forze specializzate dal mercato. Vanno quindi proposti nuovi modelli, più dinamici, non solo per le donne ma anche per le nuove generazioni», ancora Morandini. Christine Pichler, presidente dell’Ipl, ha rilevato dal canto suo che “se negli ultimi 8 anni la situazione occupazionale delle donne nelle grandi aziende private altoatesine non è peggiorata, essa non è nemmeno migliorata. Lì dove la società è già arrivata, non è ancora arrivata l’economia privata. Uomini e donne non sono uguali, sul lavoro”. In cosa consiste questa disuguaglianza lo ha spiegato Silvia Vogliotti, vicedirettrice Ipl, secondo cui «le lavoratrici del privato spesso si trovano in una sorta di “labirinto di cristallo”, coinvolte molto più degli uomini in rapporti di lavoro precari, a termine, a orario ridotto, con percorsi assai difficoltosi quando si tratta di uscire dalla precarietà».

Tra il resto le donne lavorano più spesso e più a lungo degli uomini con contratti a termine: infatti una donna su 4 lavora a tempo determinato, mentre per gli uomini la proporzione è di uno a dieci. Infine - come sottolineato da Morandini - il part-time si è trasformato (spesso) da strumento di conciliazione famiglia-lavoro a strumento anticrisi per le aziende.

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