Per il lavoro a chiamata un declino inarrestabile

Dalle oltre 9 mila unità del luglio 2012 in tre anni si è registrato un calo dell’80% Con la Riforma Fornero trasformazione dei contratti a condizioni migliori



BOLZANO. Il lavoro a chiamata dopo la Riforma Fornero del 1992 è in totale regressione, come dimostrano i numeri legati allo studio dell’Osservatorio provinciale del lavoro per quanto riguarda l’Alto Adige. Nel luglio del 2012 il lavoro a chiamata - denominato anche “job on call” - ha raggiunto con 9.224 unità il suo picco massimo in assoluto. Per 5.127 persone (56%) il lavoro a chiamata è stata l’unica occupazione. Le rimanenti 4.097 persone (44%) intrattenevano contemporaneamente anche un altro rapporto di lavoro, erano lavoratori autonomi o percepivano una pensione.

Delle 5.127 persone che a luglio 2012 lavoravano esclusivamente a chiamata, solo un terzo era occupato a un anno di distanza con la medesima forma contrattuale. Due anni dopo la percentuale scende al 22% e nel luglio scorso ancora a poco meno del 16 per cento.

Il lavoro a chiamata è stato oggetto di continue modifi che di legge sin dalla sua introduzione. Gli effetti maggiori si sono avuti con la Riforma Fornero, entrata in vigore il 18 luglio 2012. La quantità di contratti è diminuita in un anno di oltre 4.000 unità (-47%) e le nuove stipule sono diminuite ancora più sensibilmente (-68%). Inoltre, con la Riforma Fornero si è avuta una trasformazione di un numero maggiore di contratti a chiamata in contratti di lavoro con condizioni migliori presso lo stesso datore di lavoro. Un anno dopo la Riforma Fornero - ovvero nel luglio del 2013 - il 30% (1.537) delle persone con contratto a chiamata senza ulteriore reddito da lavoro ha trovato un’altra occupazione più stabile; 668 e quindi circa il 44% presso lo stesso datore di lavoro, tre quarti di essi con un contratto a tempo determinato e per lo più part-time. Poco più della metà (792 persone) un anno dopo lavora come personale stagionale nel settore turistico. Il 55% di questi aveva in precedenza un contratto di lavoro a chiamata presso lo stesso datore di lavoro.

Due anni dopo - ovvero nel luglio del 2014 - la situazione non presenta cambiamenti sostanziali. Complessivamente, 1.786 (34,8%) delle originarie 5 127 persone versano in una situazione occupazionale migliore. Aumentata è soprattutto l’occupazione a tempo pieno: se nel luglio del 2013 erano ancora 437 le persone occupate a tempo pieno, un anno dopo queste sono già 597, ovvero 160 in più. L’occupazione part-time è aumentata nello stesso periodo solo di 93 unità.

Nel luglio scorso, e quindi tre anni dopo la Riforma Fornero, complessivamente 1.944 (37,9%) delle 5.127 persone hanno una situazione occupazionale diversa dal lavoro a chiamata: 48% sono occupati a tempo indeterminato e 52 per cento a tempo determinato. Il lavoro a chiamata prevede sin dalla sua introduzione delle limitazioni per le persone di età compresa tra i 25 e i 55 anni, per le quali questo tipo di lavoro è possibile solo in casi eccezionali, per evitare che sia utilizzato come alternativa ad altre forme occupazionali. Nell’analisi dello sviluppo della situazione occupazionale dei lavoratori a chiamata interessati dalla Riforma Fornero si osservano signifi cative differenze tra classi di età. I lavoratori di età compresa tra i 15 e i 24 anni a livello di passaggio a un’altra forma occupazionale presentano valori analoghi a quelli delle persone tra i 25 e i 55 anni di età. I più anziani invece dimostrano valori decisamente più bassi.













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