Thun, 23 esuberi nella sede di Bolzano

Il piano prevede anche investimenti e assunzioni a livello nazionale, «ma è impossibile riconvertire parte del personale»


di Maurizio Dallago


BOLZANO. La riorganizzazione della Thun Spa porta a 23 esuberi. «È la riduzione stimata del nostro attuale organico tutta nella sede di Bolzano», afferma la società di oggetti da collezione, articoli da decoro interni e idee regalo, diventata negli anni un «brand» comunque richiesto dal mercato. Ed allora perché gli esuberi? «Il mutato contesto economico e la complessità dello stesso ci ha portato, a ripensare il nostro business in un’ottica legata allo sviluppo retail ed alle competenze multicanale e digitali», sottolinea una nota dell’azienda. E così, con un piano triennale, si è deciso di «passare da una logica di “wholesale” ad una di retail, spostando l’attenzione dal rivenditore al consumatore finale, assumendoci il rischio di gestire, attraverso un processo denominato “distribuzione controllata”, gran parte della nostra distribuzione», evidenzia il brand director, Francesco Spanedda.

A dire il vero i conti del 2016 non sono stati poi male. Un fatturato complessivo che lo scorso anno è cresciuto del 7% rispetto all’anno precedente. In valori assoluti 88 milioni di euro. Poi la recente apertura dei Thun Caffè, il primo inaugurato a Milano. Sulla strada della nuova filosofia aziendale. Parola d’ordine: «retail». E questa trasformazione la si vede nell'importanza del settore a bilancio. Un 30% nel 2016 e un previsto 50-55% nel 2017 nella quota che l’azienda altoatesina controlla direttamente.

Il paradosso è che a fronte dei 23 esuberi a Bolzano - ve ne furono anche in passato (2013) - l’azienda ha in animo di investire e di assumere a livello nazionale. «Investiremo nei punti vendita diretti: passeremo da 80 nel 2016 a 172 entro il 2019. Inoltre assumeremo a livello nazionale, grazie a questa crescita, 160 nuove risorse nel 2017, mentre sono previsti 20 milioni di investimenti nel triennio 2016-2019 sia sul magazzino dei nostri punti vendita diretti che sulla distribuzione controllata», sottolinea la società presieduta da Peter Thun e diretta dall’amministratore delegato Paolo Denti.

Fatti due conti, non era possibile proseguire senza riorganizzazione. «Lo scenario economico ci ha portato ad un ripensamento della nostra organizzazione spinto dalla necessità di raggiungere un Ebitda (margine operativo lordo, ndr) che è ben lontano dalla soglia di sostenibilità del comparto», spiega Denti: «Per tale ragione abbiamo agito profondamente su vari settori di costo per inserire nuove professionalità necessarie a gestire il profondo cambiamento digitale in atto e di trasformazione in retailer. Tali competenze non sono purtroppo unicamente acquisibili attraverso la crescita del personale interno e comportano quindi una riduzione che stimiamo in 23 unità del nostro attuale organico di sede».













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