«Tutela del risparmio e rischi ridotti con le nuove norme»

Il professor Lombardo: ma la tecnologia va a forte velocità e il legislatore si trova di fronte ad una complessità enorme


di Marzio Terrani


BOLZANO. “MiFID II e (nuova?) tutela degli investitori”. Al riguardo, il 6 e il 7 ottobre prossimi, si terrà nel campus di Bolzano un convegno, organizzato dai professori Stefano Lombardo e Paolo Giudici della facoltà di Economia (Lub), che fa luce sulla nuova normativa italiana in tema di mercati degli strumenti finanziari, frutto del recepimento della direttiva europea MiFID2. Il convegno, sostenuto da Banca Popolare dell’Alto Adige, ospiterà gli interventi di alcuni dei giuristi italiani più preparati in materia di intermediazione finanziaria, un universo in continuo cambiamento.

Professor Lombardo, la direttiva europea MiFID II, recepita dal nostro ordinamento, entrerà in vigore il 3 gennaio del prossimo anno. Di cosa si tratta?

«La MiFID II innova le disposizioni della prima MiFID, del 2004. È una normativa molto complessa ed elaborata che riguarda principalmente mercati, società di intermediazione mobiliare e banche e che, nelle intenzioni di chi l’ha creata, dovrebbe impedire il verificarsi di situazioni di “risparmio tradito” come quelle più recenti e quelle passate dei casi Cirio, Parmalat o Tango Bond, tristemente noti alle cronache nazionali».

Quei casi hanno provocato un cambiamento nella nostra legislazione? Più tutele per i clienti?

«Diciamo che già prima della crisi, nel 2005 il legislatore nazionale per rispondere ai casi citati impose la pubblicazione del prospetto informativo per la circolazione di prodotti finanziari già oggetto di offerta pubblica senza prospetto informativo e rivenduti dalle banche/intermediari ai piccoli risparmiatori. Poi, dopo il 2008, abbiamo dovuto fare i conti con una crisi prima finanziaria, poi economica e infine del debito sovrano che si è poi scaricata in Italia anche sulle banche, che ha fatto sì che MiFID I si trovasse ad operare in Italia un contesto bancario molto squilibrato».

Cioè?

«L’Italia è stato uno dei Paesi dove alcune banche si sono comportate in modo non virtuoso - le cronache giornalistiche ci dicono che alcune hanno venduto obbligazioni subordinate anche alla casalinga ottantenne - a causa della crisi che le aveva investite. Le obbligazioni delle banche, che in altri Paesi sono state vendute soprattutto ad investitori istituzionali, cioè assicurazioni, fondi pensione etc, in Italia sono state appunto utilizzate per gestire problemi di liquidità/patrimonio con la loro vendita al pubblico dei piccoli risparmiatori. Per l’Italia, qui si apre anche il tema dell’efficienza del governo societario delle banche cooperative di maggiori dimensioni su cui pure il legislatore nazionale è intervenuto nel 2015 con la loro riforma ed il passaggio “forzato” al tipo della società per azioni e l’abbandono della forma della cooperativa, riforma ora nel limbo dopo l’intervento del Consiglio di Stato e in attesa della decisione della Corte Costituzionale».

Ed ora, quali sono le innovazioni della MiFID II?

«Sono diverse ma a mio avviso tra le più importanti vi sono la Product governance e laProduct intervention. In estrema sintesi, la prima si riferisce all’obbligatorietà di definire tipologie di clienti target e quindi di sviluppare e proporre prodotti che il cliente sia in grado di valutare. Con la seconda, l’autorità (la Consob) entra di imperio nel mercato e impedisce la vendita di determinati prodotti a quelle persone che non sono in grado di capire il rischio collegato al loro acquisto».

L’Italia recepisce la direttiva con tre anni di ritardo, come avvenuto già con la MiFID I. Perché questo ritardo?

«L’Italia è tradizionalmente abbastanza lenta nel recepire le direttive che arrivano dall’Europa. In questo caso si tratta però di una disciplina composta da atti molto complessi e cospicui. Sono centinaia di pagine di normativa (anche secondaria) che riguarda questioni estremamente tecniche sia per i regolatori che per gli operatori a cui è rivolta. Anche per questo si è deciso a livello europeo di posticiparne l’entrata in vigore di un anno. Il giurista poi si trova a interpretare una complessità odierna che prima non esisteva e, sottolineo, mi viene da chiedermi se questa complessità sia ancora gestibile».

A cosa si riferisce?

«Soprattutto alle dinamiche di cambiamento tecnologico. Il soggetto legislatore non riesce a stare al passo. Pensiamo a un fenomeno come l’algorithmic trading. Globalizzazione, integrazione mercati e sviluppo tecnologico fanno sì che la disciplina invecchi molto rapidamente».

In ultima analisi, la MifID II introduce una maggiore tutela per i risparmiatori?

«Dopo quello che è successo in Italia, con lo sbandamento per la crisi economico-bancaria, ora c’è maggiore attenzione da parte dei soggetti abilitati e delle banche a gestire il mercato del risparmio. Io credo che la MiFID II con la Product governance e la Product intervention migliorerà la situazione. Le cattive esperienze avute hanno sollecitato gli operatori a comportamenti più virtuosi. Vediamo se la Commissione di inchiesta proposta porterà a qualche risultato e se il sistema di vigilanza - Consob e Banca d’Italia - funziona o meno. La mia impressione è che il soggetto regolatore possa intervenire solo ex-post, di fronte a fenomeni di una complessità giuridico-finanziaria enorme».













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