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Sostenibilità, per le aziende è una occasione di sviluppo

Il decalogo dell'Ire basato su un'indagine con le imprese locali: «Molte attività altoatesine si sono già concentrate su una gestione più sostenibile»


Paolo Campostrini


BOLZANO. Si dice: la strada verso la sostenibilità è lastricata di costi. In verità ci sono. Ma la strada va guardata per intero.

E allora si scopre che il modo di camminarvi è importante, perché se lo si fa ad occhi chiusi è un conto, se si aprono invece, si scopre che la transizione chiede di essere accompagnata da una nuova attenzione agli equilibri non solo ambientali: sociali.

La sorpresa è che tenendo insieme la tecnologia della transizione con il resto - lavoratori, benessere aziendale, welfare, aria che si respira nelle imprese in termini di rapporti interpersonali - tutto va meglio e quelli che in un primo tempo potevano apparire costi secchi possono diventare strumenti di sviluppo complessivo. Le cui ricadute non si conteranno sui mesi ma sui decenni.

A mettere in fila tutto questo è stato l'Ire, che è l'istituto di ricerca economica che affianca la Camera di commercio. Tenendo insieme i dati e rapportandoli con le prospettive ne è uscita una bussola della transizione.

Che si può declinare anche in altri due modi: un patto - tra aziende, sistema Alto Adige e collaboratori - oppure un glossario. Il manuale della riconversione ambientale virtuosa. Il patto, messo in piedi dall'Istituto, diretto da Georg Lun, in connessione con la Camera ed il suo segretario generale Alfred Aberer, bussa alla porta delle aziende e chiede loro innanzitutto di osservarlo per bene e poi di valutare il rapporto costi benefici, non solo in termini di reddito ma di benessere in prospettiva dell'impresa e pure dei suoi ricavi.

A due giorni dal Forum dell'Alto Adige su «Economia e sostenibilità 2024» (mercoledì alle 17.30 presso la sede del giornale) questa sovrapposizione sistemica tra Pil tecnico e Pil complessivo, fatto anche di qualità della vita e di servizi, con inoltre una maggiore accettazione sociale della stessa transizione, sarà certamente uno degli elementi di riflessione. Il report pone dunque in discussione la scarsa attendibilità del parametro Pil, visto che come unico indicatore economico limita le valutazioni di sviluppo di un Paese o di una regione: tiene conto dei volumi quantitativi e non del benessere sociale. In realtà, e l'Ire lo mette in luce, molte imprese altoatesine si sono concentrate su una gestione più sostenibile, «dando importanza alla loro responsabilità sociale».

Certo, l'azienda deve essere redditizia. Questa è la base. Garantire i posti di lavoro. Il decalogo si basa su una indagine. Sono state ascoltate le aziende, poi messo insieme i numeri. La metà delle imprese altoatesine che hanno scelto il commercio sostenibile e che adottano misure che riducono l'impatto ambientale «agiscono sulla base della propria coscienza ambientale e della propria cultura imprenditoriale».

Ma, ecco, lo snodo anche pratico, un terzo delle imprese ha messo in atto misure di sostenibilità per ridurre i costi di produzione. Ultimo ma non ultimo punto, soddisfare le esigenze dei consumatori. A cui piace sempre più rapportarsi con prodotti e servizi rispettosi dell'ambiente. Ecco tracciata la rotta. Ed ecco come i costi possono diventare benefici. Poi tutto il resto: creatività, lavoro, impegno. Ma quello serviva anche prima.