Addio a Manfroi, il baffo più temuto e sorridente 

Colpito dal Coronavirus. L’arbitro meranese si è spento al Tappeiner alla soglia dei 70 anni Protagonista sul ghiaccio per mezzo secolo: prima giocatore, poi fischietto e infine supervisore



Merano. L’hockey meranese, ma anche quello italiano, perde una grande colonna, un personaggio forse unico nel suo genere, che l’hockey lo aveva nel sangue. Romeo Manfroi avrebbe compiuto 70 anni il prossimo 22 aprile. Il Coronavirus se l’è portato via la scorsa notte all’ospedale Tappeiner, dove Manfroi era stato ricoverato nelle ore precedenti, dopo avere contratto il maledetto virus. Lascia la moglie, una figlia e anche tanti, tantissimi amici, con i quali ha condiviso decenni interi di avventure legate all’hockey, al calcio, allo sport. La sorte, questa volta, ha voluto girargli le spalle, dopo che Manfroi, era riuscito a sconfiggere un brutto male, venendone fuori come un guerriero.

Doppia carriera.

Il solito guerriero, conosciuto, temuto, ma rispettato da tutti. Nel mondo dell’hockey, Manfroi ha scritto le pagine più belle del suo percorso di vita. Prima da giocatore, con la maglia del Merano, poi da arbitro. Una carriera lunghissima la sua, durata quasi 50 anni, spesso al centro di battaglie epiche, finali, insieme a tanti compagni di avventura e soprattutto amici.

Dall’introduzione delle terne fisse, voluta dall’allora capo del settore arbitrale Norman Gasser, Manfroi, insieme a Savaris e Pramstaller, era stato uno dei tre pionieri di questa rivoluzione, dirigendo una marea di gare di livello nazionale ed internazionale. Con i vari Thomas Gasser, Giorgio Moschen, Bellenzier, Savaris, Tortelli, Agostini, Lonardi, ha scritto pagine importanti nel mondo arbitrale italiano.

Il fischietto lo aveva appeso al chiodo solamente cinque anni fa, eppure Manfroi, la sua “missione” aveva deciso di portarla avanti: sostenere il suo mondo, da supervisore, ma anche da semplice appassionato.

Alla Meranarena, con il solito, inconfondibile baffo, non mancava mai e alla fine, nonostante le solite, immancabili, polemiche tra giocatori ed arbitri, riusciva sempre a smorzare i toni: con un sorriso, una battuta delle sue, quelle che strappano il sorriso e mettono tutti d’accordo.

Riferimento.

«Ho perso un amico, un compagno di avventura – spiega Renzo Stenico, capo degli arbitri italiani – sono distrutto e fatico a trovare le parole. Manfroi è stato un personaggio unico nel suo genere, era un arbitro temuto, ma riusciva sempre e comunque a mettere tutti d’accordo. Era un uomo generoso, sempre pronto alla battuta, solare, leale, una persona speciale con il quale abbiamo trascorso una vita insieme sul ghiaccio. Perdiamo un grande esempio, un punto di riferimento, una bella persona. L’avevo sentito martedì, era reduce da una brutta polmonite e si stava riprendendo. Lo ricorderemo sempre, le tante pizzate nei dopo-partita, gli innumerevoli momenti spensierati, dopo un match».

«Ci mancherà tantissimo - conclude Stenico -, perdiamo un grande sportivo, un uomo d’altri tempi».

Personaggio.

Commosso anche il ricordo del vicepresidente del Merano Walter Andriolo: «Merano e l’hockey perdono un personaggio straordinario – dice il dirigente delle aquile–, un grave lutto per tutti noi. Ci siamo sempre detti tutto in faccia, e anche nelle tensioni, siamo sempre riusciti a chiudere la serata con un sorriso. Questo era lui».

Energia.

Andrea Moschen, uno degli arbitri più importanti del settore, sottolinea: «La passione per l’arbitraggio l’ho ereditata da papà Giorgio – sottolinea – ma anche grazie a Romeo sono cresciuto molto. Mi ha trasmesso tanta energia, lui c’era in ogni momento, pronto per supportarci».

Buon viaggio signor Romeo. Il tuo baffo sorridente camminerà sempre insieme a noi.

LACO













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