Azzurro, a ognuno il suo

Trento. Sale la curiosità, purtroppo non soddisfatta, quando Arrigo Sacchi afferma che «ai Mondiali degli Stati uniti (1994, finale col Brasile persa ai rigori con Baggio che tira il suo in tribuna,...



Trento. Sale la curiosità, purtroppo non soddisfatta, quando Arrigo Sacchi afferma che «ai Mondiali degli Stati uniti (1994, finale col Brasile persa ai rigori con Baggio che tira il suo in tribuna, ndr) 20 giocatori su 23 avrebbero dato la vita, pur di farcela». Scandisce proprio così: 20 su 23. Sarebbe stato interessante sapere chi erano quei tre che non l’avrebbero “lasciata”, offrendola alla causa, la vita. Ma nessuno glielo ha chiesto, tra i giornalisti della “rosa” sul palco, né il vicedirettore Andrea Di Caro né Fabio Licari. Probabilmente sapendo che non avrebbero ottenuto risposta.

Auditorium stracolmo e parterre de roi. Oltre all’ex mister azzurro e pluricampione di tutto col Milan, Antonio Conte, che sulla panchina azzurra c’è stato e ora sta a Milano sponda Inter, i campioni del mondo Paolo Rossi (1982) e Luca Toni (2006) nonché, in collegamento video da Roma, l’attuale ct Roberto Mancini, il presidente federale Gabriele Gravina e il capitano Leonardo Bonucci.

Conte e l’azzurro

E, a proposito di Nazionale, Conte, che ci si è seduto dal 2014 al 2016, “giocando” gli Europei di Francia (fuori ai quarti, anche qui ai rigori, conto la Germania, dopo aver battuto nettamente la Spagna in una gran partita) ha detto: «Non avessi già firmato in precedenza il contratto con il Chelsea sarei rimasto sulla panchina azzurra». E anche qui: «Dei miei giocatori ognuno avrebbe dato la vita per l’altro».

A riportare un po’ tutti coi piedi per terra c’ha pensato Rossi. Con un aneddoto su Spagna ‘82, quando contro il Brasile segnò 3 gol, lui che veniva da un paio d’anni di squalifica e poche partite nelle gambe. «Mi aspettavo che mister Bearzot, sul pullman di rientro in albergo - ricorda – mi dicesse almeno “bravo”. Macché, si era seduto a fianco a me e si limitò ad un “incomincia a pensare alla prossima partita”».

La concretezza del friulano taciturno che di calcio capiva più di tanti altri e che in terra ci stava ben piantato.

Azzurro, o meglio verde

Di maglia azzurra, ora diventata verde, quella indossata l’altra sera contro la Grecia, con annesse polemiche, parla il presidente Gravina. Sottolineando: «È la terza maglia, dopo quella azzurra e la bianca. D’altronde, con una federazione che da 80 milioni di contributi l’anno è passata a 30 bisogna anche andare a cercarsi le risorse, senza speculare. Le abbiamo vendute tutte – ha detto il presidente della Figc – Il colore è un cosmetico, un companatico, non l’identità».

E se Mancini afferma che «di giocatori buoni italiani ce ne sono sempre stati, si tratta di dare loro fiducia», a proposito dei tanti stranieri che ormai calcano gli stadi, Sacchi è meno diplomatico: «Troppi stranieri, pur di vincere. E poi, abbiamo una cultura sportiva mediocre. Non riconosciamo che, a volte, gli avversari possono essere più bravi di noi. È il nostro limite, nazionale».

Toni e Bonucci

Per Toni “la maglia azzurra è qualcosa di magico” mentre secondo Bonucci, che ha scritto insieme al giornalista Francesco Ciniti un libro contro il bullismo, “è un simbolo di unione e passione”. PA.PI.

©RIPRODUZIONE RISERVATA.













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