Carolina con fiducia «Un quarto posto  che non sa d’amaro» 

La Kostner si tiene stretto il piazzamento ai piedi del podio  «La strada è quella giusta, proseguiamo con motivazione»


di Marco Marangoni


NAGOYA (Giappone). «Ho pattinato al massimo delle mie abilitò, la crescita è continua e ciò significa che la strada iniziata è quella giusta sulla quale proseguire con motivazione e nuove ispirazioni per raffinare i programmi». Carolina Kostner quando parla sembra un’artista come se dovesse creare una scultura in legno, tradizionale della sua valle natia, la Val Gardena. Carolina non ha mai intagliato, non ha mai preso in mano mazzotto e scalpello per intagliare il legno ma sin da piccina ha indossato pattini con lame di pochi millimetri e si è messa a graffiare il ghiaccio. Lo ha fatto sulle «patinoire» più famose del mondo. Lo ha fatto, a meno di due mesi dal 31esimo compleanno, anche alla «Nippon Gaishi Hall» di Nagoya, palazzetto che ha ospitato la prestigiosa finale del Grand Prix. La gardenese era la più anziana di tutte ma il quarto posto a 51 centesimi dal terzo posto vale tanto, tantissimo in chiave Europei di Mosca (18 e 20 gennaio) ma soprattutto Olimpiadi di PyeongChang. In Europa la Kostner è stata cinque volte Regina, in vetta sull’Olimpo non è mai salita «fermandosi» però al bronzo di Sochi 2014. Sul podio in Giappone sono finite poco più che bambine, eccellenti nella parte tecnica ma ancora lontane dal fascino e dalla passione di Carolina. Alina Zagitova, la vincitrice, ha poco più di 15 anni e quando nasceva, nel 2002 in quella Izhevsk culla di uno dei più bei cremlini di Russia, l’altoatesina era già ai vertici mondiali tra le juniores. A Mosca, nel salotto per eccellenza del pattinaggio di figura dove lo spettacolo è assicurato sia sul ghiaccio che sulle tribune, tutti sanno già che l’unica grande sfida della gara femminile sarà Russia (Medvedeva, Zagitova, Sotskova) contro Kostner. C’è poco da dire: Caro, oltre ad essere la pattinatrice più longeva della storia, è molto amata sia in Europa che in Asia. Tante le dimostrazioni d’affetto, l’ultima ieri quando migliaia di giapponesi si sono alzati in piedi al termine della sua esibizione pattinata su un mix tra «Bonzo's Montreux» e «Moby Dick».

Per pochissimo non è arrivato il podio, ma quanto vale per lei questo quarto posto?

«È un risultato favoloso anche perché già poter partecipare ad una finale del Grand Prix è magnifico. Sono davvero felice, ho fatto un grande importante passo in avanti».

Come ha affrontato il lungo sapendo che doveva risalire dal sesto posto?

«Sono scesa in pista con l’obiettivo di essere me stessa senza la volontà di attaccare ma di trovare il centro dentro di me, di trovare la concentrazione, quella leggerezza che poi mi da l’opportunità di essere flessibile e di controllare i movimenti mentre pattino e che nel corto, complice la pressione ed il nervosismo, avevo un po' perso».

Con la sua esperienza come ha superato lo scotto di pattinare per prima del gruppo?

«Effettivamente non era semplice portare il corpo subito alla condizione ideale per fare il gesto tecnico con tanta esplosività. I cinque minuti (quelli dedicati alla sgambata prima di ogni gruppo, ndr) sono veramente pochi ma, con la gestione del riscaldamento prima e la concentrazione sul ghiaccio poi, mi sono sentita pronta, concentrata e rilassata».

Come giudica il suo libero?

«Eccetto il Salchow che è uscito doppio (doveva esser triplo), il programma è stato di più alta qualità degli elementi seguiti il ciò significa che c’è una crescita continua dalla prima gara di oltre un anno fa. Sono felice perché si vede che il lavoro paga, che lavorare dalla base è stata la scelta giusta anche nella gestione della gara in termini di ansia e nervosismo».













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