CHAMPIONS LEAGUE»GERMANIA-SPAGNA 8-1

ROMA. Punto di riferimento dei mercati europei, con l’indice puntato sul rigore e la spending review, la Germania vede salire anche il borsino del pallone. Lo spread sotto l’egida della cancelliera...



ROMA. Punto di riferimento dei mercati europei, con l’indice puntato sul rigore e la spending review, la Germania vede salire anche il borsino del pallone. Lo spread sotto l’egida della cancelliera Merkel non conosce ostacoli, ma accanto al differenziale di rendimento fra Bund e Btp è cresciuto in parallelo pure quello fra il Fussball e il calcio: un boom legato soprattutto al fattore ’J’ di Jugend, quella gioventù diventato punto di forza della Bundesliga e della nazionale e che ora ha fatto issare sul tetto d’Europa la bandiera tedesca.

Dopo gli exploit di Bayern e Borussia, che in due giorni hanno messo al tappeto le corazzate Barcellona e Real, mandando in crisi una Spagna che già arranca conti alla mano, la Germania comincia a cullare il sogno, finora inedito, di una finale-derby in Champions: un privilegio che hanno avuto altre grandi europee del pallone, come la stessa Spagna con Real-Valencia nel 2000, l’Italia di Juve-Milan nel 2003 e l’Inghilterra nel 2008 con Manchester United-Chelsea. Un obiettivo ambizioso, ma non certo impossibile ora, dopo l’8-1 con cui le tedesche hanno complessivamente travolto le spagnole. E che è frutto di un progetto mirato e investimenti oculati soprattutto nel settore giovanile, accompagnati dal rinnovamento degli stadi a cui sono seguiti i risultati della nazionale e dei club. E il valore del calcio made in Germany è schizzato come i titoli di stato. Merito anche del sistema messo in piedi dalla federazione che, con il tramonto delle squadre (nazionale compresa) zeppe di giocatori maturi, ha fatto crescere centri federali come funghi: quasi una ventina sparsi per il Paese, che osservano i giovani migliori e li fanno crescere. E allora non è certo un caso se una squadra pure gloriosa come il Borussia, con una Champions in bacheca vinta nel ’96-97, ma che è stata sull’orlo del fallimento, da qualche stagione è tornata a vivere una nuova primavera: dal 2008 sulla panchina di Dortmund siede Jurgen Klopp, allora quarantenne, che ha reso questo gruppo una squadra vera (memorabili i suoi allenamenti controcorrente fatti fare ai suoi in canoa). E sono arrivati due scudetti (nel 2011 e 2012) e la fidelizzazione di un tifo che è tra i più caldi e colorati d’Europa. Giocatori comprati secondo la logica del risparmio, il cui valore adesso è triplicato: come Robert Lewandowski (l’operazione costò nemmeno 4 milioni) uno dei pochi stranieri, anche se il polacco di Varsavia a Dortmund si sente a casa.













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