«Che ricordi in campo con Paolo» 

Nella stagione 1975-76. Il meranese Giovanni Ghirardello ricorda quell’anno vissuto al Como con il futuro campione del mondo in squadra «Sapeva metterti nelle condizioni di giocare bene. Un campione di umanità: mi prestò i suoi scarpini e quando persi il treno mi portò a Merano»


FILIPPO ROSACE


Merano. “Io lo conosco bene”! Giovanni Ghirardello ne parla al presente. Parla di Paolo Rossi come se l’”hombre del partido” fosse ancora nascosto tra le linee della difesa avversaria pronto a “emergere dal terreno” come solo lui, il “Pablito” nazionale, ha saputo fare. Giovanni Ghirardello, ex calciatore professionista meranese è a tavola con l’ex arbitro internazionale Livio Bazzoli, un’altra eccellenza del mondo calcistico altoatesino, che non ha mai diretto in una partita Paolo Rossi ma che, ovviamente, ha conosciuto virtù calcistiche ed umane del campione del mondo di Spagna ’82, tramite le cronache dei giornali, i commenti dei colleghi ed ieri anche dalle parole di Giovanni Ghirardello.

“Paolo Rossi arrivò a Como, in prestito dalla Juventus, nella stagione 1975-76. Quando varcò la porta dello spogliatoio non era ancora quel Paolo Rossi che tutti noi imparammo successivamente a conoscere. Paolo aveva già avuto problemi fisici con i tre menischi asportati ed arrivò in un club in cui si trovò praticamente sbarrate le porte della prima squadra. Perché? Pippo Marchioro, allenatore della prima squadra del Como, lo considerava una terza punta perché “chiuso” dal meranese Renzo Rossi e Renato Cappellini. Paolo si allenava con la prima squadra ma giocava con la mia Primavera”.

Lei centrocampista offensivo e Rossi punta, praticamente un dialogo infinito che cominciava nello spogliatoio per srotolarsi sul campo da calcio.

“Abbiamo giocato insieme nell’under 23, praticamente la vecchia De Martino con in panchina mister Osvaldo Bagnoli. Il modulo era il 4-4-2 con il sottoscritto che operava dietro le punte. Paolo è stato un calciatore che sapeva metterti nelle condizioni di giocare bene. Un atleta che ha saputo giocare sia nello spazio breve che nel fraseggio stretto. Sapeva trovare gli spazi e quindi, inevitabilmente, quel suo atteggiamento ti invogliava nel cercare la profondità. Per chi sapeva giocare a calcio lui ti metteva nelle condizioni di poter giocare bene, per cui posso dire che con Paolo mi sono trovato benissimo. Come calciatore sono state tre le sue caratteristiche principali. La prima era quella di saper saltare l’uomo con una finta di corpo molto secca, la seconda era quel suo controllo del pallone che gli permetteva di operare un rapido “stop and go”, la terza quella di farsi trovare al posto giusto nel momento giusto. Quest’ultima è una qualità che non te la insegna nessuno, o ce l’hai dentro oppure non ci sarà mai un allenatore che sarà capace di insegnartela. Una dote che non tutti hanno e solo pochi sono capaci di esprimere. Ricordo il Viareggio disputato assieme, nel quale Paolo riuscì a mettere in evidenza le sue vere doti, giocando in coppia con Garlini. Fummo eliminati nei quarti di finale dalla Lazio, partita che trasmessa in diretta su Rai 2, che ci sconfisse con una rete di Agostinelli”.

Conoscere bene Paolo Rossi, vuol dire esser riusciti a apprezzare le qualità umane del futuro campione del mondo.

“Infatti – continua Ghirardello – Paolo è un campione di altruismo e di episodi che risaltano questa figura ce ne sarebbero tanti, ma principalmente ne ricordo con piacere almeno tre. Ricordo che dovevamo giocare in campionato contro il Torino. Siamo nello spogliatoio del Filadelfia dove mister Bagnoli detta la formazione e via a prepararsi. Finito il primo tempo mi accorsi che si era rotta la scarpa. Rientrati nello stanzone aprì la borsa e mi accorsi di aver dimenticato di sistemare il secondo paio. Se lo avessi detto al mister mi avrebbe spedito dritto sotto la doccia.

Pensai di sistemare tutto con lo scotch, ma Paolo, accortosi del mio imbarazzo, mi chiese immediatamente che numero portavo: il 41! Mi diede il suo secondo paio che era un 40. Quel giorno segnai il gol della vittoria, ed uscì dal campo con i piedi pieni di vesciche. Il secondo episodio è legato al momento in cui, al termine di una gara, mi recai alla stazione per prendere il treno e far ritorno a Merano. Alla stazione di San Giovanni di Como mi accorsi che il treno era partito. Torno in appartamento e trovo Paolo intento a preparare le le valige per tornare nella sua Prato. Saputo del mio contrattempo non perse tempo: mi disse ti porto io a Verona. Praticamente allungò di 200 chilometri il suo percorso per accompagnarmi sino alla stazione di Verona. Il terzo episodio ci trova nel 1987, quando Paolo gioca nel Verona l’anno che sigilla la sua carriera. Dovevo sottopormi ad un intervento al ginocchio e mi consigliarono di farmi operare a Vicenza dal dottor Viola. Non sapendo come fare lo contattai. Paolo si adoperò immediatamente tanto che nel giro di poco fummo operati entrambi nello stesso giorno. Ecco Paolo è questo. Posso dire che quella sua semplicità, naturalezza ed il rapporto con le persone sono sempre rimaste le stesse. Insomma è sempre stato Paolo Rossi”.

Se dal punto di vista umano Paolo Rossi è sempre stato lo stesso, egualmente si può dire dal punto di vista tecnico. Paolo Rossi è sempre stata una punta centrale…anche se la leggenda narra che fu Fabbri a scoprirlo in quel ruolo.

“Le dico io come è andata: Paolo va al Vicenza in prestito, e in quel Vicenza l’attacco era formato da Vitali e Galluppi. Paolo non era un esterno ma punta centrale. Questo lo si vedeva già e prima che Fabbri lo scoprisse. A Vicenza parte da terza punta, e mi conferma della cosa durante i nostri abituali contatti telefonici. Ad un certo punto si fa male Galuppi e quando pensi che sia scoccata l’ora di Paolo, mister Fabbri decide invece di giocare con una punta. Durante un altro match si fa male anche Vitali ed ecco che negli ultimi 10 minuti entra in campo Paolo Rossi e gioca da punta centrale. Come andò? Quella partita il Vicenza la vinse con un gol di Rossi, cosa che Paolo ripetè anche nelle successive partite successive. Il silenzio sul suo dramma? Conoscendolo personalmente possi dire che abbia fatto una scelta precisa: non dire nulla agli amici più stretti perché non voleva creare loro un dolore. Questo è Paolo Rossi!”

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