L'INTERVISTA LARISSA IAPICHINO 

«Con mamma e papà non parlo di atletica» 

La figlia di Fiona May. Un salto quasi da Olimpiadi a 18 anni, la toscana spiega la svolta tecnica e il suo modo d’intendere l’agonismo: «Anche quando sarò più grande vorrei che fosse un gioco»


MARCO MARANGONI


BOLZANO. Mamma Fiona da quasi 22 anni è la primatista italiana del salto in lungo con 7,11 metri. Oggi, La figlia Larissa, è la rivelazione dell’atletica leggera in rosa italiana. L’indimenticabile pantera di Slough dopo essere stata inglese, tra il 1994 il 2005 ha indossato la canottierina azzurra conquistando due argenti olimpici e due ori iridiati e diventando un’icona del salto in lungo mondiale.

Da una settimana esatta Larissa Iapichino è maggiorenne. Nello sport la maturità, ovvero l’ingresso tra le grandi, l’aveva anticipata di un giorno. Il 16 luglio scorso, vigilia del diciottesimo compleanno, la doppia figlia d’arte – lei vorrebbe già brillare di luce propria e non essere troppo spesso affiancata alla madre – ha spiccato il volo atterrando a 6,80 metri. Un misura quasi monstre per la sua età considerando che il primato mondiale di categoria è di 7,14, risale al giugno del 1983 e venne realizzato dalla valchiria dell’Est Heike Drechsler (aveva 18 anni e 170 giorni).

Larissa a Savona ha ottenuto sia il record italiano Juniores che la seconda prestazione nazionale all-time in coabitazione con Valentina Uccheddu, l’oristanese costretta a chiudere anticipatamente la carriera alla vigilia delle Olimpiadi di Atlanta ‘96 per un tendine d’Achille andato in frantumi.

In una stagione rivoluzionata dal lockdown causa la pandemia di Coronavirus, il gran bel salto della Iapichino oggi vale anche la terza prestazione mondiale assieme alla croata Ivana Spanovic. Meglio dell’azzurra, lo scorso anno oro europeo Junior, solo la bielorussa Nastassia Mironchyk-Ivanova con 6,93 e la svedese Khaddi Sagnia con 6,81. Sulle tribune del campo sportivo Fontanassa della città ligure una settimana fa c’erano anche mamma Fiona e papà Gianni, per alcuni anni detentore del record italiano dell’asta con 5,70.

Se lo aspettava un miglioramento di 16 centimetri in un anno con un allenamento molto ostacolato?

«Dopo quel salto nullo di pochissimo alla prima uscita a Vittorio Veneto avevo capito che una misura molto simile a quella poi ottenuta l’avrei potuta fare – spiega Larissa – Suvvia, era nei miei pensieri, ci speravo. Al momento dell’atterraggio del salto per me è stato tutto abbastanza surreale perché non mi ero sentita perfetta e quando ho sentito gli applausi sono rimasta scioccata. Sono contenta ma ci sono ancora tante cose da mettere a posto».

Al suo salto mancherebbero due centimetri per volare alle Olimpiadi. Che effetto le fa?

«Certo, il posticipo dei Giochi di Tokyo per me è una chance in più ma sono ancora una bambina. Penso a divertirmi e anche quando sarò più grande vorrò vivere l’atletica come un gioco».

Sportivamente il lockdown le ha fatto bene?

«Se la guardiamo così diciamo di sì. Sono stati mesi comunque difficili per una serie di motivi. Della stagione indoor non ero rimasta molto entusiasta (6,40 ai primi di febbraio, ndr). Con il mio tecnico Gianni Cecconi abbiamo capito che serviva un cambiamento per rendere il salto più facile, facevo troppi errori – dice la lunghista toscana dell’Atletica Firenze Marathon –. Ho cambiato la rincorsa, mi sento più fluida, più omogenea con una partenza della rincorsa non più sbilanciata all’indietro con la schiena ma come se dovessi fare uno sprint. Il salto nella fase aerea è un due e mezzo anziché il veleggiato».

Con la mamma il tema principale è l’atletica?

«Direi proprio di no. Con una mamma ci sono altre priorità, parliamo di tutto ma non di atletica. Lei non viene spesso a vedermi nelle gare, resta a casa le guarda in streaming. Va bene così perché alle gare a me piace stare con i miei amici – rivela Larissa –. Il confronto è inevitabile ma anche un po’ vano perché siamo saltatrici diverse e che gareggiano in epoche diverse. Lei mi dice che se fosse nata in questo periodo avrebbe fatto molto di più sia per le strutture che per le stesse scarpe ideate per il salto in lungo».

E con papà?

«Anche lui vorrebbe parlare di atletica, ma a casa preferisco parlare d’altro».

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