Giochi invernali, nel 2050 non troveremo dove farli 

Lo studio. Secondo “Global Sport, Climate Emergency and The Case for Rapid Change” di  David Goldblatt, problemi ambientali ed economici metteranno a rischio la cadenza quadriennale


MARCO MARANGONI


Bolzano. Allarme rosso per i Giochi olimpici invernali. Fra 30 anni sarà difficile trovare sedi idonee per ospitare l’evento a cinque cerchi degli sport della neve e del ghiaccio. Delle 19 località che hanno ospitato fino ad oggi le Olimpiadi invernali, dieci non saranno più in grado di organizzarle nuovamente. Nel 2080 il numero delle sedi scenderà ulteriormente a 6. Concetti e numeri oggi difficili da capire e digerire ma che emergono da uno studio sui cambiamenti climatici dal titolo “Global Sport, Climate Emergency and The Case for Rapid Change” scritto dall’accademico David Goldblatt e condotta da Rapid Transition Alliance che si occupa anche di cambiamenti climatici.

Gli aspetti critici

Il problema dell’ambiente, unito alle sempre più maggiori difficoltà di investimento da parte dei governi nazionali, potrebbero effettivamente mettere a rischio la cadenza quadriennale delle Olimpiadi soprattutto invernali. L’ultima assegnazione con più di tre città candidate risale al 1995 per la votazione che poi ha assegnato l’evento a Salt Lake City nel 2002.

Per le edizioni di Pechino 2022 e Milano-Cortina 2026, la sfida finale è stata tra due nazioni. Tante idee, tanti paesi con il desiderio di ospitare il prestigioso evento globale ma ritiratisi lungo il cammino verso la candidatura vera e propria.

A Sochi «improbabile»

Secondo lo studio, il cambiamento climatico non è uniforme e le temperature medie aumenteranno ovunque. Ciò significherà che nelle regioni montuose, sede della maggior parte degli sport invernali, ci sarà meno neve e quando cadrà scioglierà più rapidamente. Facendo un’analisi sull’evento di Sochi del 2014, edizione più calda dei Giochi invernali, sul documento si legge che la località russa sul mar Nero è «improbabile che organizzerà ancora i Giochi olimpici» e che nell’occasione «molti concorrenti si erano lamentati della mancanza di neve o neve lenta, bagnata e pesante sulla quale era difficile sciare».

Tra le 44 pagine si legge che «negli eventi di sci alpino, freestyle e snowboard rispetto ai Giochi del 2010, si registra mediamente un calo del 5 per cento di atleti che hanno terminato la loro gara con un aumento degli infortuni del 9 per cento».

Dal rapporto si evince che «sin dalla loro istituzione nel 1924, i Giochi sono sempre serviti come un’opportunità per pubblicizzare strutture per sport invernali in fragili ecosistemi montani, nonché per costruire le infrastrutture di trasporto e turismo che offrono al pubblico pagante». Viene ricordato quanto accadde in vista dei Giochi di Lake Placid del 1932 quando la costruzione della pista di bob che avrebbe richiesto l’abbattimento di numerosi alberi, venne contrastata con successo dai residenti locali. Vengono dati suggerimenti con previsione di esclusione delle federazioni sportive dalle Olimpiadi invernali se entro il 2030 non saranno carbon zero. Secondo la documentazione, «tra dieci anni qualsiasi evento sportivo globale che non sarà carbon zero dovrebbe essere cancellato o rinviato mentre le federazioni nazionali che non faranno progressi significativi dovrebbero essere escluse dello sport».

©RIPRODUZIONE RISERVATA.













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