HOCKEY BOLZANO»L’INTERVISTA

BOLZANO. Condivisione di colpe tra società e allenatore per la fine anticipata di una stagione considerata comunque non fallimentare. In ottica futura, invece, la chiave per consentire all’Hockey...


di Michele Bologni ni


BOLZANO. Condivisione di colpe tra società e allenatore per la fine anticipata di una stagione considerata comunque non fallimentare. In ottica futura, invece, la chiave per consentire all’Hockey Club Bolzano di sopravvivere è legata ad una soluzione di lungo periodo della questione-stadio.

Dieter Knoll, a pochi giorni dall’uscita di scena ai quarti di finale, qual è il suo stato d’animo?

«Il finale non è stato quello che ci aspettavamo, ma non è tutto da buttare. Abbiamo vinto la Supercoppa, e soprattutto il girone di semifinale di Continental Cup, guadagnandoci un’ottima reputazione a livello internazionale. E’ stata una precisa scelta della società quella di puntare con convinzione sull’Europa».

Passerà alla storia anche come la stagione di Hjalmarsson: grande giocatore, ma è servito davvero il suo ingaggio?

«Abbiamo scommesso sul lockout della NHL: se lo sciopero non fosse rientrato, a gennaio sarebbero arrivati ancora un portiere e un attaccante, e credo che il campionato non ce l’avrebbe portato via nessuno. Se devo scegliere tra Hjalmarsson per 2 mesi e un buon giocatore per tutto l’anno prendo Hjalmarsson: un’occasione del genere, se tutto va bene, capita ogni 10 anni».

Subito dopo l’eliminazione contro l’Asiago è sembrato che lei volesse scaricare tutte le colpe su coach Brian McCutcheon.

«Non sarebbe giusto, né corretto: lui ha commesso degli errori, ma ne ha fatti anche la società».

Partiamo da quelli dell’allenatore…

«Ha spremuto troppo i giocatori: è vero, soprattutto in difesa il roster era corto, ma perché Fabris non ha giocato quasi mai, perché a ottobre non ha voluto tenere Casetti, che adesso sta facendo bene ad Asiago? E anche il trattamento di favore riservato a suo figlio Mark non mi è piaciuto: ottima persona, ma non ha saputo dare la carica alla squadra».

E la società, dove ha sbagliato?

«Abbiamo commesso degli errori sul mercato: Delmore, Ladanyi e Sexsmith non sono stati all’altezza».

L’ingaggio di Sexsmith non sarebbe stato necessario se aveste trattenuto Duba.

«Il contratto fino a metà gennaio l’ha voluto lui, personalmente l’avrei trattenuto volentieri».

Tra i capi d’accusa c’è il mancato coinvolgimento dello staff tecnico nelle scelte riguardanti i giocatori.

«Può essere, ma quando ho chiesto il parere al coach la scelta è ricaduta su Delmore. Avevo in mano Guren del Pontebba e Hudec del Cortina: forse ci sarebbero stati più utili. Aggiungiamo inoltre che la mancata concessione da parte della FISG della proroga sul limite dei tessaramenti ci ha di fatto tagliato fuori dal mercato».

Questione pubblico: il Palaonda resta uno stadio “freddo” e poco frequentato.

«Sono rimasto abbastanza deluso dalla risposta della città: abbiamo ridotto i prezzi, ma non ci sono stati riscontri».

C’è da dire che a livello di immagine non è che si sia fatto un granchè.

«Ammetto che abbiamo gravi lacune, e assicuro che vogliamo lavorare per risolverle. Ma il mio vuole essere un appello alla città: senza tifosi non abbiamo futuro».

A proposito di città, i rapporti con il Comune?

«Il nodo è il Palaonda: ci costa 60mila euro all’anno, e se a questi aggiungiamo lo stop alla sponsorizzazione si arriva sui 100mila euro di costi in più rispetto al passato».

Come venirne fuori?

«Se ci danno i soldi che danno alla Seab, il Palaonda lo gestiamo noi. Uno stadio nuovo, magari da realizzare sul futuro areale della stazione ferroviaria, al momento è una chimera, ma basterebbe poco almeno per la seconda pista al Palaonda: nel progetto originario era già prevista, e ci sono tutti gli allacciamenti pronti. Risolveremmo il problema-ghiaccio».

L’altro grosso problema, legato a questo, è un settore giovanile che non produce talenti.

«I campionati vinti con i ragazzi del ’92 e del ’93 ci hanno illuso che le cose funzionassero: invece dietro c’era terra bruciata. Stiamo iniziando solo adesso a ricostruire, partendo da una collaborazione con l’EV Bozen: personalmente, però, non sono per la fusione tra le due società».

Da dove ripartirà il prossimo Bolzano?

«Dal gruppo dei giocatori italiani che vorrei confermare praticamente in blocco. E, inoltre, spero da MacGregor Sharp e Ryan Flynn. Un ritorno di Knackstedt? Perché no, anche se quest’anno ha deluso molto. In ogni caso le priorità saranno coach e portiere».

A proposito di allenatore, si dice che lei abbia un buon feeling con Tom Pokel.

«Mi piace molto come coach, ma questo non significa che verrà a Bolzano».

Glielo chiedono ogni anno: quando “mollerà” la società?

«Quando arriverà qualcuno in grado di dare un futuro solido all’hockey su ghiaccio in città. Io sono disposto a farmi da parte in qualsiasi momento: la realtà è che nessuno si è mai fatto avanti».

Ultima domanda: qualche sogno nel cassetto?

«La seconda stella, la finale di Continental Cup al Palaonda e un torneo da realizzare a Natale sul modello della Spengler Cup».













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