Il calcio di Baggio, eleganza e poesia «Il segreto? Umiltà» 

Apoteosi al Sociale. Una delle rare interviste del campionissimo che ha scelto di dribblare i riflettori ed i taccuini dopo averlo fatto sui campi di tutto il mondo. Tra aneddoti, sorrisi e qualche lacrima il vicentino ha ripercorso in due ore sul palco una carriera con tante maglie


Gianpaolo Tessari


Trento. sono passati 25 anni. eppure quel rigore calciato alto a pasadena contro, il brasile ai mondiali, lo tormenta ancora prima di prendere sonno: «un altro penalty così alto credo di non averlo mai tirato in tutta la vita». ecco, roberto baggio al teatro sociale si è trovato spesso con la gola arsa, a cercare il bicchiere dell’acqua minerale, confermando quel mix di riservatezza e timidezza che gli ha fatto dribblare, dopo gli avversari sui campi di calcio di tutto il mondo, taccuini e telecamere. il fenomeno di caldogno, jeans scuri e t-shirt nera portata mezza fuori dai pantaloni, ora non ha più il codino d’ordinanza: ieri ha fatto un’eccezione e si è concesso al pubblico del festival dello sport, per quasi due ore, e non solo con la gola secca per l’emozione dal riaprire lo scrigno dei ricordi. ma anche lasciando scendere qualche lacrima, come quando alle sue spalle è stato proiettata la foto del suo maestro di buddhismo, il giapponese daisaku ikeda: «quando lo vedo mi emoziono, è come se fosse mio padre. medito tutti i giorni, per un’ora, mi fa stare bene. sono buddhista dal 1988: cercavo qualcosa che mi facesse capire che tutto inizia e finisce con te, non dipende da altri. inutile dare colpe».

Baggio non ama particolarmente parlare di calcio: «non voglio fare il presuntuoso, anzi ho sempre praticato l’umiltà per non avere poi paura delle sconfitte, ma c’è stato un episodio che, da quando ho smesso, mi ha suggerito poi di rimanere lontano da quell’ambiente. a che cosa mi riferisco? a quando trapattoni, nel 2002, non mi ha convocato in azzurro. meritavo di esserci a quei mondiali, anche senza giocare, il calcio me lo doveva».

Insomma baggio, per tutti (o quasi) il più forte calciatore italiano di sempre, ha evitato per quanto possibile di cimentarsi negli anni in troppe discussioni sulla sfera di cuoio. certo baggio non ha mai fatto le bizze delle star ma si è sempre posto in maniera diretta con i suoi tifosi: «ho sempre voluto mettermi nei loro panni, di chi sta un’ora in fila a chiederti l’autografo perché lo facevo anch’io da ragazzino con giocatori e cantanti». la mission del campione veneto è stata sempre quella di far divertire la gente, di regalare gioia ed emozioni attraverso il gioco ed i gol.

E roby baggio lo ha fatto con diverse maglie a partire da quella del lanerossi vicenza: «ho vissuto la mia prima esperienza importante con la squadra che tifavo e che andavo a vedere da bambino. un sogno, il massimo».

Poi l’esperienza, unica, profonda e insieme dolorosa con la fiorentina: «sono arrivato a firenze rimanendo fermo per due anni a causa di un infortunio. in quel periodo la gente si era stretta intorno a me con un affetto incredibile che non ho mai dimenticato e per questo mi sono sentito in debito con questa città».

Sul campo baggio diventò l’idolo dei tifosi viola che reagirono con tre giorni di guerriglia urbana al suo trasferimento ai rivali della juventus: «con firenze ho un legame profondo. non volevo andarmene ma la società aveva già fatto tutto. per tanto tempo mi diedero del mercenario finchè il presidente di allora, pontello, dopo anni, ristabilì la verità delle cose».

Chissà, magari baggio sarebbe rimasto viola a vita ma le cose non andarono in quel modo e nella sua carriera arrivarono le vittorie con la juventus. proprio con la maglia della vecchia signora visse alcune degli anni più belli della sua carriera, con il milan, per poi passare al bologna, all’inter in un periodo travagliato, per chiudere la sua carriera in provincia al brescia dove incontrò carletto mazzone: «un uomo semplice e saggio». sui palchi del sociale tante maglie appese dai tifosi. raccontano una vita. ed i sogni sportivi di tante persone. fuori lo attendono ancora.













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