Il libro

Il mito di Gustav Thöni: da oggi in edicola col giornale

Il campione in redazione a raccontare la sua carriera e il suo privato. Il libro è in vendita al prezzo di 11,90 euro più il prezzo del quotidiano


Valentino Beccari


BOLZANO. Alla conquista del West. Anzi dell’Est. Cinquant’anni fa di questi giorni con lo spirito dei pionieri, in “sella” agli sci e armato di racchette, un folto gruppo di atleti andava alla scoperta del nuovo mondo sciistico, quel Giappone inesplorato e per quello sport ancora acerbo, che apriva le sue porte ai cow boy dell’Occidente a caccia dell’oro. E un oro in quelle montagne d’ Oriente, popolate da betulle e illuminate da un sole tiepido Gustav o Gustavo Thöni se lo prese, quello del gigante maschile. Il “Golden boy” di Trafoi, un paesino di poche anime a cui sbatte la porta in faccia il massiccio dell’Ortles con i suoi 3905 metri, compie una delle sue innumerevoli imprese.

Al termine della prima manche Thöni è terzo, staccato di mezzo secondo ma nella seconda inserisce il passo spinta e sembra un marziano atterrato sulla superficie terrestre tanto che rifila più di un secondo agli svizzeri Bruggmann e Mattle che lo accompagnano sul podio. I giapponesi impazziscono per il ragazzo di Trafoi e persino il principe ereditario Aki Hito accenna un inchino nei confronti del nuovo imperatore dello sci.

A Trafoi le campane suonano a festa e tutto il paese ha assistito alla gara davanti alle televisione svizzera con per affinità geografiche (il confine è a una manciata di chilometri) ma per il fatto che la Rai ha trasmesso la gara in differita all’ora di pranzo e non in diretta nella notte considerando il fuso orario.

Pochi giorni dopo Gustavo ha la possibilità di concedere il bis tra i pali stretti dello slalom ma sia lui che il cugino Roland non fanno i conti con Francisco Fernandez Ochoa, uno spagnolo che ha il nome più lungo di un personaggio di Zagor e che arriva da Madrid, nemmeno dai Pirenei ma che si mette al collo la medaglia del metallo più pregiato davanti ai cugini altoatesini.

Una vita romanzata quella di Gustav Thöni, senza eccessi ma di successi e che è raccontata in un libro “Gustavo Thöni, Olimpiadi, Mondiali, 4 Coppe, i trionfi dell’uomo e del mito”, con prefazione di Alberto Tomba e testi di Beppe Conti che sarà in edicola da oggi, sabato 12 febbraio, con il giornale Alto Adige al prezzo di 11,90 euro più il prezzo del quotidiano.

Una vita di trionfi sulle piste da sci: la leggenda Gustav Thöni si racconta

Gustav Thöni è una leggenda dello sci azzurro. Al mito Thöni il nostro giornale dedica un libro, che sarà in edicola sabato 12 febbraio. Lo abbiamo incontrato in redazione e lo ha intervistato il direttore Alberto Faustini.

Ed il mitico Gustav Thöni è venuto a trovarci in redazione per lanciare il libro e sfogliare l’album dei ricordi a cominciare da quella pagina ormai ingiallita del giornale Alto Adige dell’11 febbraio del 1972 e che raccontava della sua impresa olimpica a Sapporo 1972. Gustav o Gustavo è stato “travolto” dalle domande del direttore del giornale Alberto Faustini, del vice Paolo Mantovan e del responsabile della redazione sportiva Valentino Beccari che hanno “divorato” in anteprima un libro ricco di immagini inedite e di particolari come quando il nonno Georg, il suo primo maestro, per ottenere la sciolina fece sciogliere un disco in vinile , la Marcia di Radetzky, tanto caro alla nonna.

«Erano altri tempi - esordisce Gustav - gli sci erano pezzi di legno e ricordo che per realizzare la sciolina andavamo in chiesa o al cimitero a raccogliere col pentolino la cera che si scioglieva dalle candele. Oggi ogni sciatore dispone di decine di paia di sci e io andai in Australia a fare le prime gare Fis con un paio di sci da gigante, uno da speciale ed uno per la ricognizione».

Gustav impara a sciare in neve fresca risalendo a piedi i tornanti dello Stelvio consegnati alla storia da Coppi e Bartali. Ha lineamenti e modi gentili e soprattutto uno stile unico e innovativo con quel passo spinta che diventa il suo marchio di fabbrica, come l’incedere leggero e ritmico tra i pali stretti dello slalom e le porte più larghe del gigante. Un modo di rivoluzionario di sciare, una finestra sul cortile dello sci di domani. In una Sapporo che alterna sole, neve e pioggia con grande disinvoltura, Thöni riporta l’oro olimpico in Italia esattamente vent’anni dopo il successo di Zeno Colò nella libera di Oslo 1952.

«Dopo la prima manche ero terzo - ricorda Thöni - chi mi precedeva sbagliò e riuscii a vincere. Purtroppo non accadde la stessa cosa nello speciale, sia io che Roland ce la prendemmo con troppa calma nella prima discesa e nonostante la rimonta ci dovemmo accontentare del secondo e terzo posto alle spalle di Ochoa».

Era un Giappone sciisticamente inesplorato, neve umida e sconosciuta, luce insidiosa.

«Però io ero uno di pochi che c’era già stato. Un paio di anni prima con Rosi Mittermaier in un viaggio organizzato dalla Lufthansa. Partecipammo ad alcune gare ma la cosa che più mi impressionò furono le camere del residence senza letto».

Gustav Thöni è stato un campione che ha varcato i confini dello sport, è entrato dalla porta principale nelle case degli italiani e da Pinerolo a Messina tutti divennero pazzi per lo sci e le telecronache in bianco e nero di Guido Oddo e Alfredo Pigna avevano share degni dell’ultimo Sanremo di Amadeus.

«Sì, tutti volevano l’autografo, mi fermavano per strada, era anche piacevole ma a volte un po’ pesante. Per fortuna appena potevo tornavo nella mia Trafoi dove ricaricavo le pile».

Gustav o Gustavo è stata la prima figura integrante tra etnia italiana e tedesca...

«Sì, credo di sì. A dire il vero in squadra facevamo sempre le partite di volley tra Italia e Alto Adige e ci sfottevamo un po’ ma era una cosa goliardica».

Già, quella Valanga azzurra che è stata una squadra-famiglia che ha fatto innamorare gli italiani.

«Eravamo davvero un bel gruppo e ogni tanto con Gros e De Chiesa ci sentiamo. E poi anche chi non c’è più come mio cugino Roland, Erwin Stricker e Fausto Radici che era il mio compagno di stanza».

Sul podio ideale dell’iconografia di Thöni ci sono il parallelo della Val Gardena con Stenmark, l’oro di Sapporo ma anche una “sconfitta” ovvero il secondo posto nella libera della Streif a soli tre millesimi da Franz Klammer.

«Però avrei preferito vincerala quella gara», ricorda sorridendo Gustav Thöni che è stato anche allenatore di Alberto Tomba, albergatore, padre di tre figlie e nonno di undici nipoti. Una vita da cartolina illustrata come quel paesino all’ombra dell’Ortles.

«E la rifarei allo stesso modo», conclude Gustavo. E c’è da crederci.













Altre notizie

Attualità