Mair, l’esperienza svizzera fa vedere meglio l’hockey 

Il tecnico di Appiano alla luce della sua esperienza guarda “noi” con occhio critico «In Alto Adige i giovani si accontentano: all’estero la concorrenza ti fa crescere»


di Thomas Laconi


BOLZANO. Viaggiare in prima classe sul prestigioso treno dell’hockey svizzero è roba per pochi privilegiati. Arrivare a certi livelli ma soprattutto rimanerci, anche vista la concorrenza, lo è ancora di più, soprattutto per chi, come Stefan Mair, in tasca ha il passaporto italiano. Eppure il numero uno per distacco degli allenatori nostrani si appresta a vivere la sua terza stagione a Thurgau, provando a portare avanti il solito, certosino lavoro incentrato sui giovani, la specialità sulla quale Mair, negli anni, ha costruito le sue fortune. L’estate del tecnico di Appiano è stata serena, molto più leggera rispetto a un solo anno fa, quando Mair decise, a sorpresa, di interrompere il suo rapporto con la Nazionale. Lo abbiamo intervistato.

Stefan Mair, quale obiettivo realistico si è posto per la stagione che verrà?

«Dopo questo lasso di tempo ho avuto modo di conoscere bene certe dinamiche, mi ha aiutato anche molto il mio percorso che ho vissuto con la Nazionale italiana. In Svizzera sono molto esigenti, chiedono tanto, però ti lasciano anche lavorare quando si tratta di portare avanti un progetto. Certo, come in tutti gli ambienti devi anche portare a casa i risultati. Il fatto che oltre i due stranieri, 9 giocatori svizzeri o sono saliti di categoria (NLA) oppure sono stati presi sotto contratto da squadre importanti della NLB, dimostra che il lavoro che è stato fatto viene apprezzato. Ormai ci sono diverse squadre di NLA che cercano la nostra collaborazione e questo fa molto piacere».

La Svizzera ha sfiorato l’oro ai Mondiali, la Germania ha vinto l’argento alle Olimpiadi. Quanto sta cambiando l’hockey ripensando a certi risultati dell’ultima stagione?

«Tutto nasce da analisi acurate che vengono fatte ogni anno, il prossimo 14 agosto ci sarà una riunione nella quale sono invitati tutti gli allenatori della NLA e NLB, dove si discuterà come far crescere ulteriormente l'hockey svizzero indifferentemente ai risultati ottenuti, Olimpiadi abbastanza deludenti, Mondiali alla grande. Basta guardare alla Finlandia e ai risultati delle squadre junior a livello mondiale. In Svizzera sono molto attenti a quello che succede nei Paesi scandinavi, in Svezia. Viene data massima importanza al lavoro di base, investito su allenatori preparati dei settori giovanili, la NLB stessa è molto giovane. In Svizzera sto notando una certa tendenza, si guarda molto attentamente come si lavora in Svezia, anche perchè attualmente è la nazione che sforna anno dopo anno un numero impressionante di giocatori draftati in NHL».

Parliamo dell’Italia: Egna non c’è più, Milano è tornato, ma qualche società ha stretto i cordoni della borsa. La Alps Hockey League rimane la soluzione migliore?

«Direi di sì. Confrontarsi a livello internazionale è la cosa migliore, un campionato di Serie A con 6/8 squadre non avrebbe senso. Per crescere però è fondamentale che tutte le squadre giochino sempre a 4 linee, come ha fatto il Renon ad esempio nelle ultime stagioni o come è consuetudine in Ebel. Se giochi a 3 linee alla lunga il ritmo cala e viene meno l’intensità e questo influenza il gioco e dunque il livello dell’hockey sul ghiaccio, mantenere ritmo e intensità per 3 tempi si riesce solo con cambi da 35 - 40 secondi».

Bolzano riparte da un titolo clamoroso in Ebel: quando può durare questo trend nel capoluogo?

«Sono diverse società in Ebel che hanno capito che spendere tanti soldi e comprare i giocatori tramite eliteprospect, come in supermercato, senza avere un network, non ti garantisce il sucesso. La Ebel e anche la DEL sono in "mano" a certi agenti che costruiscono la loro fortuna sull'inesperienza di molti direttori sportivi... Il Bolzano da anni si muove bene e il dottor Knoll ha capito prima di altri che con stranieri giovani, motivati si possono ottenere risultati importanti. Spero per il futuro che i biancorossi riescano a migliorare ulteriormente la collaborazione con le altre società, un progetto comune, e non parlo di soldi, per aiutare le altre società, gioverebbe a tutto il movimento».

Un anno fa ha detto addio alla Nazionale: Stefan Mair ha rimosso quel brutto periodo?

«Ho passato anche dei momenti molto belli in Nazionale e la decisione è stata sofferta e difficile, giusta o sbagliata lo dirà il tempo, in quel momento però necessaria. Per me è stato un onore allenare la Nazionale. Faccio i complimenti a Beddoes e a Giorgio DeBettin per la promozione ottenuta e un in bocca al lupo per i prossimi Mondiali».

Gander al Val Pusteria, Insam al Bolzano: qual è stato il colpo dell’estate?

«Sono entrambi colpi importanti. Gander aiuterà il Val Pusteria in zona gol, Insam dopo l'esperienza in Finlandia è maturato ulteriormente e lo reputo un giocatore completo, sul ghiaccio e anche fuori, fondamentale per lo spogliatoio. A Brunico e Bolzano possono stare tranquilli».

Secondo il responsabile del settore giovanile dell’Fc Südtirol, Alex Schraffl, da queste parti si faticano a scoprire nuovi talenti perché in Alto Adige i giovani stanno troppo bene: è un discorso che vale anche per l’hockey?

«Decisamente. C’è una grande differenza tra coloro che vanno all’estero e si mettono in discussione e chi si “accontenta” di restare qui perché non vuole spingersi oltre. Alla fine manca la concorrenza che ti fa crescere, questo fa la differenza. Non basta lavorare 8 mesi all’anno, a livello internazionale perdiamo il treno nella fascia compresa tra i 14 e i 17 anni. Solo negli ultimi due, tre anni ci stiamo rendendo conto che alla base di tutto vi è una preparazione atletica gestita da gente qualificata, abbiamo ottimi preparatori atletici come Alex Doliana o Rene Baur in casa, però ne abbiamo bisogno di altri che cercano la specializzazione. Il lavoro fuori dal ghiaccio è cambiato moltissimo, quello che serve adesso è la consapevolezza dell'importanza di una preparazione mirata e lo spirito di sacrificio che non tutti hanno. Il risultato è che rispetto alle altre realtà siamo indietro».

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