Malagò: «Riforma? È un’occupazione» 

Il presidente Coni durissimo con il Governo sull’ipotesi di creare “Sport e Salute”



ROMA. «Non è una riforma, ma un'occupazione». L'attacco del presidente Giovanni Malagò apre lo scontro col governo sulla riforma del Coni (Comitato olimpico nazionale italiano), messa in cantiere dal governo con la riforma in materia di sport introdotta nella legge di Bilancio. «Il fascismo aveva rispettato la nostra autonomia...», il duro affondo del n.1 dello sport italiano. Ma a chiarire che dal governo non ci sono arretramenti è la replica di Giancarlo Giorgetti e Simone Valente, una nota congiunta che consolida l'asse delle due forze di governo sulla via dello scorporo di Coni Servizi e dei suoi fondi - col nome “Sport e Salute” - dal Coni olimpico: «Molti sono con noi, andiamo avanti con serenità. La riforma è nel contratto di governo».

«Il contratto dice il contrario - replica invece Malagò -: di fare ulteriori controlli, avere una “condivisione” sia sui criteri sia sulle scelte dell'individuazione delle persone». «Come si può pensare di creare una società e chiamarla “Sport e Salute”? Se clicchi su internet è tutto un proliferare di massaggi e centri benessere... Io devo rinunciare al tricolore e ai cinque cerchi del Coni, il marchio forse più prestigioso al mondo dopo la Ferrari, per il marchio “Sport e Salute”? Ma vi rendete conto o no?» è stato lo sfogo di Malagò che ha riscosso una standing ovation dal Consiglio nazionale in corso. «Ma bisogna rimanere ragionevoli, realisti - ha proseguito Malagò - non si devono fare battaglie inutili. Non c'è nessuna guerra. Ma non possiamo, in modo corretto, educato ed elegante, non raccontare la storia».

Al termine di una settimana fitta di incontri, la convinzione maturata al Coni deve essere che merito e tempi della riforma sono già decisi a monte. Così dopo la riunione informale dell’altroieri, dalla quale aveva ricevuto mandato a trattare, l'occasione per aprire la fase dello scontro è stato il Consiglio nazionale del Coni, ieri, con il suo discorso. Assenti, però, le grandi federazioni: Gravina per il calcio, Barelli per il nuoto, Binaghi per il tennis, Petrucci per il basket.

Con la riforma il Coni, ha aggiunto il presidente Malagò, «si ridurrebbe a una bellissima agenzia di viaggi che ogni due anni organizza le Olimpiadi». Il n.1 dello sport italiano si è detto sorpreso della legge inserita nella bozza di manovra perché «col governo fin dal primo giorno ho dei rapporti a dir poco quotidiani. La loro disponibilità a sentirci è pazzesca», ha aggiunto, sottolineando come positivi i punti sul bonus sportivo e la certezza dei 410 milioni l'anno allo sport. Malagò ha definito quella dell'esecutivo una scelta «fortissimamente calata dall'alto» e frutto della «politica», che farebbe diventare il Coni «l'ultimo comitato olimpico del mondo».

Durante il Consiglio, Malagò ha anche estratto dal cilindro la parola “dimissioni”, sottolineando di non essere intenzionato a mollare. Se la riforma avesse investito il Coni già dal 2019 «non avrei esitato a dimettermi», assicura. Ma dovendo diventare effettiva dal 2020 «io non abbandono la mia barca a pochi mesi dalle Olimpiadi: non vado a fare il notaio né il becchino del Comitato olimpico». Poi, il voto gli ha conferito il mandato a trattare «in difesa dell'autonomia».

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