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Vause: "Come gioco e vinco con il diabete"

La stella del Bolzano convive da anni con la malattia


Thomas Laconi


BOLZANO. Per molti di noi, il compagno di viaggio abituale durante la giornata è diventato il telefono cellulare, sempre in tasca, rigorosamente acceso, pronto per ogni esigenza. Taylor Vause (“ma il mio cognome si pronuncia “Vas” - sorride – almeno a Bolzano mettiamo tutti d'accordo), da sette anni, convive quotidianamente anche con uno strumento speciale, al quale non può mai rinunciare: una scatoletta di 100 grammi, quasi il peso di un cellulare di ultima generazione. Il forte centro del Bolzano, all'età di 17 anni, ha scoperto di avere il diabete del tipo 1 e lo strumento che dal giorno della diagnosi è diventato una sorta di angelo custode è un semplice microinfusore, dotato di una cartuccia che contiene l'insulina. Nonostante tutto, il fortissimo centro della prima linea biancorossa, continua a sognare e a vivere una vita normale. Con la maglia numero 19, Vause vola letteralmente sul ghiaccio, sforna assist, segna e incanta il pubblico del Palaonda. E' accaduto anche domenica. E non sarà l'ultima volta.

Taylor Vause, come e quanto è cambiata la sua vita da quando le hanno diagnosticato il diabete?
“E' stata dura. Ho vissuto un periodo tosto, non è stato facile metabolizzare questa notizia. Per un anno e mezzo ho rallentato il mio percorso di vita sportivo, ma con carattere e determinazione, ho imparato a convivere con questa difficile situazione. Sono contento perché, anno dopo anno, ci sono miglioramenti costanti e questo mi aiuta tanto dal punto di vista psicologico. Per me è stato l'inizio di una seconda vita”.

Come gestisce le sue nuove giornate, da sette anni a questa parte?
“E' cambiato tutto, perché quando mi sveglio la mattina, ad esempio, penso a come sarà la mia giornata, agli allenamenti, dovendo però prepararmi a gestire questa situazione in maniera accurata, a misurare spesso la glicemia e, sulla base dei dati ottenuti, a prendere delle decisioni, come ad esempio, come assumere una determinata dose di insulina. Ormai è una semplice routine. La mia vita è questa, vado avanti a testa alta e con il sorriso stampato sulla faccia”.

Lei ha scoperto relativamente tardi di avere il diabete. E' stato più difficile accettare questa situazione o è stato più facile ripartire e andare avanti con la sua vita?
“In molti casi, il diabete ti viene diagnosticato abbastanza precocemente e quando sei bambino, la tua famiglia deve fare tanti sacrifici e regolarsi, in tutto e per tutto, rispetto a questa difficile situazione. Il fatto di avere scoperto il diabete a 17 anni, da un certo punto di vista, è stato meno traumatico, perchè ho imparato da subito, in maniera indipendente, a calibrare la mia attività di sportivo in base alla terapia da seguire e all'alimentazione da seguire. Ormai tutto questo è la normalità. Devo ringraziare la mia famiglia e tutte le persone che mi sono state vicine: sono state fondamentali e mi hanno sempre incoraggiato a non mollare mai”.

Ha mai temuto di dovere accantonare il sogno di diventare un giocatore professionista?
“In un primo momento ho avuto paura, poi mi sono fatto forza e dagli esempi di altri grandi sportivi, ho capito che dovevo lottare per andare avanti per mia strada. Il primo campione che mi viene in mente è certamente Bobby Clarke, un mito della NHL (attaccante che per 15 anni ha vestito la maglia dei Philadelphia Flyers ndr): un leggenda di questo sport che ha convissuto con il diabete, diventando un giocatore di fama mondiale. Dentro di me ho sempre pensato: non ti fermare e vai avanti, lotta per realizzare i tuoi sogni. Tutte le sfide della vita vanno affrontate con carattere. L'importante è crederci sempre”.

Quanti controlli deve effettuare ogni giorno?
“Dipende. Nei giorni delle partite, i monitoraggi dei livelli di zucchero nel sangue aumentano e posso arrivare anche a 10 misurazioni: prima e dopo il warm-up, prima e dopo avere consumato il pranzo, durante il riscaldamento della partita e nelle pause tra un tempo e l'altro. Bisogna essere molto attenti e cercare di controllare al meglio la situazione, seguendo un certo tipo di percorso. Ormai, anche in base alle giornate, riesco a gestirmi abbastanza bene. Ci ho fatto l'abitudine (sorride)”.

Domenica ha ritrovato il gol dopo un mese. Da centro della prima linea, ha avvertito un po' di pressione prima della doppietta contro Salisburgo?
“Quando non segni non è mai facile rimanere tranquilli. Bisogna però continuare a lavorare, perché prima o poi il disco entrerà. Sono riuscito a sbloccarmi, in un momento molto importante per la squadra e i due gol mi hanno regalato una gioia immensa. Sono felice, ho aiutato il Bolzano a portare a casa una vittoria “pesante”.

Lei arriva in Europa a 24 anni, ma vedendo Taylor Vause sul ghiaccio, sembra che giochi qui da sempre. C'è un segreto dietro al suo rendimento?
“Quando hai un bellissimo gruppo in spogliatoio, dei tifosi come i nostri e quando vivi in un posto così incantevole, tutto diventa più facile. Non ci sono segreti: se stai bene, alla fine giochi bene e rendi in partita”.













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