Festival dell'economia fra disuguaglianze e populismo



Intitoli il Festival dell’economia «La salute diseguale». Per guardare l’economia da (e con) un microscopio diverso: quello della salute, in ogni senso intesa. E ti accorgi che accanto alle tante forme di diseguaglianza che caratterizzano non solo il mondo, ma anche il nostro Paese, che resta uno dei luoghi nei quali per avere una visita di un certo tipo aspetti mesi che diventano però miracolosamente giorni se sei disposto a pagare, è in verità soprattutto una differenza a travolgerti. Quella tra i populisti (parola che andrebbe riaggiornata e compresa meglio) e le (presunte) élites.
Nel suo ultimo libro Tito Boeri - professore, presidente dell’Inps, ma in questi giorni soprattutto direttore scientifico del festival - chiede aiuto al politologo olandese Cas Mudde. Che definisce il populismo una ideologia (e una conseguente strategia politica) “leggera” che considera la società composta da due gruppi omogenei, da due blocchi monolitici, tra di loro contrapposti: da una parte il popolo, dall’altra l’élite corrotta (declinata al singolare).
Boeri (in “Populismo e stato sociale”) ricorda anche che la storia ha dato ragione a Tocqueville: molte dittature sono nate da argomenti populisti. Difficile non pensare a questi due blocchi assistendo alla protesta di chi si lamentava con la ministra Lorenzin per l’introduzione dell’obbligo di vaccinazione o seguendo molti altri incontri (e trasmissioni di Radiorai, che ha portato qui alcuni dei programmi di punta) del Festival numero 12. Lo stesso ministro dell’economia Padoan - tecnico così fine da saper evitare le domande politiche come solo i grandi politici sanno fare - s’è soffermato su un concetto caro anche a Boeri. Parlo della possibile affermazione di partiti che offrono un messaggio semplice quanto pericoloso e palesemente irrealizzabile: interrompere il processo di integrazione europea e chiudere le frontiere ai migranti per meglio proteggere le persone più vulnerabili dalle sfide delle globalizzazioni. «Un messaggio - le parole sono di Boeri, ma Padoan ne ha usate di simili - che mina alle basi il principio della libera circolazione dei lavoratori all’interno dell’Unione europea su cui si fonda, a partire dal Trattato di Roma, il processo di integrazione politica ed economica europea». Trento, in questi giorni, ha avuto il merito di cercare (seppur timidamente) di far dialogare i due blocchi monolitici. Ma l’impresa è riuscita solo in parte. Il cammino è lungo. E davvero ricco di ostacoli che quel pezzo di politica che cerca ancora di ragionare fatica a vedere.













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