Il (solito) silenzio del panda Tommasini



Ha messo il dito - anzi: il pugno - nella piaga, Corrarati. Il capo degli artigiani, eterno papabile per molte cariche, da quella di sindaco a quella di consigliere provinciale, ha mandato un messaggio duro al “suo” partito: «Pd, sui toponimi devi battere i pugni». Ho scritto “suo” fra virgolette, perché Corrarati viene puntualmente corteggiato anche da destra e perché il Pd altoatesino, come ben dimostra ciò che accade a Bolzano o in consiglio provinciale, sembra di tutti e di nessuno: se in ballo ci sono più di due persone, le linee di solito sono almeno tre. Ma torniamo al tema: Corrarati ricorda al Pd che un partito non è al governo per fare la bella statuina, ma per prendere posizione: sul disagio degli italiani, di cui il dibattito sulla toponomastica è solo una punta (poco eccitante, diciamocelo) dell’iceberg; su un capoluogo che troppo spesso, quando si tratta di grandi opere o di piccoli ritocchi, arriva dopo l’ultimo dei paeselli di questa terra; sui grandi temi che da troppo tempo sembrano solo sfiorare chi, da dentro la stanza dei bottoni, dovrebbe invece far sentire il peso non solo di una persona o di un partito, ma della comunità che deve rappresentare. Domanda facile facile: se Trump dice di voler fare il presidente di tutti gli americani, il sempre più invisibile Tommasini di chi vuole fare il vicepresidente? Solo di Kompatscher o anche, per così dire, di oguno di noi? Perché è vero che in giunta provinciale ormai siede un solo italiano, ma non c’è una legge che gli impedisca di farsi valere, di farsi sentire, di minacciare anche una crisi di governo pur di difendere la vera minoranza che vive in questo territorio: quella italiana.
La convivenza e l’autonomia - i due tesori dell’Alto Adige - non hanno bisogno di inutili litigi. Hanno bisogno - come ha spiegato magistralmente il sociologo Luca Fazzi su questo giornale un paio di giorni fa - di superare insieme il passato, senza inutili strappi, senza la gara delle rivendicazioni, per costruire insieme il presente e, soprattutto, per far sentire ancora a casa gli italiani. Ma se il volante resta nelle mani di un’unica persona, anche la convivenza, che ha bisogno di un confronto continuo e di un ragionamento molto più ampio, che tenga conto prima di tutto dei flussi migratori che stanno profondamente cambiando ogni paradigma, è zoppa.
Il presidente della Provincia Arno Kompatscher - anche se potrebbe risparmiarsi qualche occhiolino di troppo a una destra che tanto è ormai lontana dalla Svp - recita una parte che non può essere diversa. Ma se il suo vice, il panda Christian Tommasini, pur dicendo che dobbiamo giocare per vincere, non recita nemmeno e non sale sul palcoscenico, il disagio si trasforma in assenza. L’errore peggiore: per tutti.













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