L'Italia del "referenzum" fra il vecchio e il nuovo



L’Italia del referendum sceglierà fra il vecchio e il nuovo. Al di là delle mille chiavi di lettura, c’è uno scontro - generazionale, ancor prima che politico - fra una (potenziale) nuova classe dirigente e la classe politica di ieri. Salvini, obietterà qualcuno, è giovane. Ma la Lega è praticamente il partito più vecchio - anche negli atteggiamenti - che c’è ancora nel Paese. E Grillo, che in modi diversi è sulla scena da sempre, dà voce a un disagio antico. Renzi, la Boschi e quello che i detrattori chiamano il Giglio magico, rappresentano comunque - difetti inclusi - un vento diverso. Che non a caso fa paura. Di qui la trasformazione del referendum su una Costituzione che non è mai vietato cambiare, salvo che non lo
si faccia davvero in peggio, in un referendum su un giovane premier che qualcuno vuole disarcionare e che qualcuno vuole invece finalmente votare, per rafforzare il voto di un Parlamento che è comunque, ricordiamolo, eletto dal popolo.
La vittoria del No - anche se continuo a pensare che Mattarella respingerebbe le eventuali dimissioni del presidente del consiglio - segnerebbe la prima vera sconfitta di Renzi, mentre la vittoria del Sì suonerebbe come un plebiscito per l’uomo che, almeno sulla carta, sta cercando di cambiare il Paese. Tutti gli altri ragionamenti - pur legittimi, anche se ormai fuori tempo massimo - s’infrangono contro un’unica certezza: questo è ormai solo un “referenzum”.
Consoliamoci: gli Stati Uniti, che dovrebbero essere un’avanguardia delle idee e della democrazia, hanno scelto fra il vecchio e il vecchio. Le differenze fra Hillary Clinton e Donald Trump, 139 anni in due, sono sostanziali, ma il voto di martedì (esito incluso) resta un tuffo nel passato: un libro letto al contrario.
Anche i “Millennial”, i giovani nati fra il 1982 e il 2000, arma segreta della vittoria di Obama, non hanno voluto votare: perché considerano Trump un razzista e Hillary una bugiarda. Il grande scrittore Jonathan Franzen pensava che fosse arrivato il momento di un presidente donna. Gli americani, evidentemente, la pensavano e la pensano diversamente.













Altre notizie

Attualità