Sotto le volte di Castel Mareccio i potentati di anni non lontani



C’è voluta una mostra personale dedicata alla pittrice Giovanna Da Por Sulligi perché si potessero tornare ad apprezzare – sia pur per poco - i personaggi di un ciclo cavalleresco che riconduce in termini recenti storie di allora.

Giovanna Da Por, bionda artista d’origine roveretana, già insegnante d’arte al liceo scientifico Torricelli, espone in questi giorni in castel Mareccio (XIII secolo). È una personale autobiografica dell’artista, che ricostruisce un itinerario tra le opere più significative della sua lunga attività.

Con l’occasione si è riaperta e riproposta la cantina, con le sue volte a botte, riscoperta (!) e riproposta sul finire del secolo scorso quale sala interna di un ristorante che non c’è più. Personalmente ricordo il castello quando era stato adattato ad archivio di Stato nel quale accatastare carte, cartelle, cartacce, incartamenti, documenti, faldoni, su lunghe impolverate scansie, affidate per il loro ultimo sonno ad un personaggio meritevole per studi e cultura, il dott. Ferruccio Bravi. Che si affidava talvolta a me ragazzo per impreziosire e alleggerire con disegni sue pubblicazioni. Col passare di competenze specifiche dallo Stato alla Provincia, il castello entrò nella proprietà di quest’ultima, che si impegnò a ristrutturare e valorizzare il castello, il quale da “vecchio” si tramutò in “antico”: se ne riscoprì il valore, riemersero i suoi affreschi, si aprì ad un suo utilizzo sofisticato: mostre, convegni, manifestazioni culturali. E non mancò l’apertura di un ristorante che ebbe nell’antica cantina il suo spazio coperto.

Si pensò a decorarlo e il presidente dell’Azienda di Soggiorno, Ermanno Füstöss propose che si ricorresse ad un artista in grado di trasferire la storia di castel Mareccio nel mondo d’oggi. Si ricorse ad una pittrice che sapesse far convivere – anche per la particolarità della sua arte - passato e presente: Giovanna Da Por. Che chiese ed ottenne l’assenso degli artisti altoatesini e si mise all’opera, lavorando su ampi pannelli di truciolato antiumidità da coprire con spatolate per velature successive di colore preparato dalla stessa Da Por e ricorrendo a terre d’affresco.

Ne uscirono quattro grandi pannelli fonoassorbenti (la eco sotto quelle volte si faceva sentire non poco) che ci ricordano oggi momenti dei lontani proprietari Römer, e di Teobaldo in particolare, che partì per una crociata, e che si vede o si intuisce in quattro contesti che si ispirano alle quattro stagioni. I volti dei personaggi raffigurati non sono di fantasia, ma – come nelle opere d’epoca rinascimentale – riproducono le fattezze dei committenti, contemporanei della stessa pittrice: Magnago, Durnwalder, Ferretti, Spögler, Brandstätter, Pasqualin. Nelle quattro lesene verticali che tagliano a metà i singoli pannelli, sono ricordati in piccolo i momenti della nostra storia contemporanea: Cernobyl, il muro di Berlino, Saddam Hussein, il computer che isola gli umani pur proclamando di abbracciarli tutti in una più vasta comunità, la volpe ormai meccanica a simboleggiare la natura che si snatura.

Ci fu qualche polemica a sfondo politico (bene così, la polemica è vita, l’acquiescenza è una gran palude), poi il ristorante non resse le spese, chiuse, e la cantina dalle volte a botte fu retrocessa a magazzino. Riaprirà, o dovremo attendere la prossima mostra di Giovanna Da Por?

 













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