A Laghetti un referendum per tornare a piazza Prati 

Il Comitato promotore riparte, ma stavolta per abrogare la delibera comunale «La decisione del Consiglio di cambiare il toponimo è stata calata dall’alto»


di Sara Martinello


EGNA. Piazza Prati, poi piazza della Chiesa. E ancora piazza Prati, se il nuovo referendum presentato al Comune di Egna dovesse riuscire nell’intento di abrogare la delibera con cui il 2 maggio 2017 lo stesso Comune aveva sancito il passaggio da una denominazione di carattere storico-letterario a un’altra più prosaica, di natura descrittiva, per la piazza principale della frazione di Laghetti. La motivazione era che “La popolazione già ora la denomina così”, come si leggeva nella delibera. La cancellazione di piazza Prati dallo stradario di Egna era stata votata con il sostegno di 9 voti tra Svp e Bündnis Neumarkt. Tre i voti contrari, tutti della lista civica @EgnaNeumarkt, tre gli astenuti (rappresentanti del gruppo italiano), e la “temporanea assenza” del vicesindaco Alex Pocher (Pd) e del consigliere Klaus Pichler.

Un primo referendum propositivo era stato presentato nell’ottobre dello scorso anno dal Comitato formatosi attorno allo sdegno per quella delibera “calata dall’alto”. Referendum cassato dalla Commissione provinciale di valutazione dell’ammissibilità dei referendum popolari, che aveva motivato la propria decisione definendo il referendum “non chiaro e univoco” e adducendo “difficoltà nelle procedure di attuazione da parte del Comune di Egna”.

Così il Comitato promotore del referendum, cioè Fulvio Benati, Claudio Cimadon, Lucia Filippi, Iris Orlini, Elio Scottini e Cristina Wegher, ha organizzato un dibattito pubblico sul tema, cui hanno partecipato circa sessanta cittadini. Presenti anche rappresentanti dell’amministrazione e degli Schützen – la delibera comunale aveva il proprio motore propulsore nelle destre tedesche, probabilmente infastidite dal patriottismo romantico del poeta trentino. Dal dibattito, scrive il Comitato in un comunicato, “è scaturita la volontà di riproporre il quesito, col sostegno finanziario degli stessi cittadini. È stato pertanto contattato un legale, e il 19 giugno è stato ripresentato al Comune di Egna un nuovo quesito di proposta di referendum popolare, di natura abrogativa e non propositiva. Sarà ora determinante la decisione della Commissione provinciale, della quale il Comitato promotore si impegna a riferire alla cittadinanza tutta di Laghetti di Egna”. Se anche questo referendum dovesse essere dichiarato inammissibile, per il Comitato le alternative sarebbero due, cioè aprire un contenzioso o redigere un nuovo referendum, stavolta propositivo e in forma diversa da quelli già rigettati. Ma perché incaponirsi con tanto puntiglio e tanta passione su un toponimo che peraltro indica semplicemente che la piazza prende il nome da ciò che vi ha sede? Non è una questione toponomastica, etnica, se questo è ciò che si vorrebbe pensare per “ridurre” la questione alla débacle novecentesca che si strascica languida e tiranna nel terzo millennio, e stendere sul cambio del nome il velo della pacificazione. «No, non è una questione etnica», confermano dal Comitato promotore del referendum. «Qui si tratta di democrazia, di pratiche, di modi. Avremmo affrontato la questione con la stessa serietà anche se il passaggio fosse stato da “piazza della Chiesa” a “piazza Prati”. La delibera del Comune non è il frutto di un processo democratico partecipato, è una decisione piovuta dall’alto».













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