Ress: «Torno per restare nella mia oasi» 

«Sono partito a 14 anni, ora ne ho 38. Vivo a 600 metri, serve la coperta d’estate. Gli stranieri? Se c’è rispetto problemi zero»


di Massimiliano Bona


POCHI DI SALORNO. «Dopo 24 anni in giro per il mondo torno alla base, per restare, nella mia oasi a Pochi di Salorno: 400 abitanti a 600 metri di altitudine, dove anche d’estate serve la coperta perché ho il bosco dietro casa. Ho mio padre accanto e la famiglia di mia sorella dall’altra»: a parlare è il gigante dal cuore d’oro Tomas Ress, un simbolo per la cittadina della Bassa Atesina, che sogna un futuro da coach delle giovanili, magari in regione.

Tomas si sta godendo gli ultimi giorni liberi in spiaggia con la moglie Katia, che è di Roveré della Luna, e i figli Alice (11 anni) e Christian (8). In rete sta diventando (quasi) virale il video con cui il campione di Salorno si tiene in forma sollevando al posto dei pesi proprio l’ultimogenito.

Partiamo da Salorno: cosa la lega a questa realtà dopo aver vissuto per anni con la valigia in mano?

«Tutto. Gli affetti innanzitutto. Mia moglie è di Roveré della Luna e i miei fratelli adorano queste zone quanto me. D’estate, anche da professionista, sono sempre tornato nei luoghi in cui sono cresciuto».

In realtà più che di Salorno, lei è di Pochi. Cambia qualcosa?

«Non molto. C’è chi mi dice, spesso, «ma Pochi è in mezzo al nulla, come fai?». Io rispondo che sono felice di poter dire ai miei figli: “Andate e giocate”, senza l’ansia e le paure dei grandi centri».

Cosa è cambiato rispetto a quando lei era piccolo?

«Mah, intanto gli abitanti. Sono passati da 320 a 400 ma non cresceranno più. Semplicemente perché sono finiti gli spazi sui quali poter edificare».

Ma ci sono ancora tanti tedeschi?

«Sì, certo. Si erano costruiti le villette e ancora tornano per godersi questo piccolo angolo di paradiso e tranquillità».

Lei quando ha preso casa?

«L’ho acquistata nel 2004, appena tornato dall’esperienza americana. Ho demolito tutto e realizzato tre appartamenti: in uno c’è mio padre, a cui devo tanto e quindi mi è sembrato normale e giusto contraccambiare, e nell’altro mia sorella. Viviamo assieme, c’è grande sintonia tra noi».

C’è chi si lamenta, in paese, per la presenza eccessiva di stranieri. In realtà lei, girando il mondo, avrà visitato posti con ben più etnie..

«Verissimo. Per me non sono un problema visto che ho vissuto sempre in comunità con tante culture diverse. Certo, alla base ci deve sempre essere rispetto per le regole e per la comunità da parte di tutti i cittadini. Poco importa se di origine straniera o autoctoni».

Consiglierebbe dunque a chiunque di prendere casa a Salorno...

«Certo che sì. Salorno è sempre stato un luogo di passaggio ma in questi anni la comunità è cresciuta, è stato eletto un sindaco di una frazione ancora più piccola come Cauria e c’è sempre più dinamicità. Si sta facendo parecchio anche per i giovani. I residenti si sono rimboccati le maniche . Poi c’è anche l’aspetto logistico,: siamo esattamente in mezzo tra Bolzano e Trento. Una posizione comoda e vantaggiosa per mille motivi».

Ha deciso cosa fare da grande? In futuro?

«Diciamo che devo ancora trovare la mia strada, anche se un’idea ce l’ho».

Ha finito il primo corso da allenatore?

«Sì, e devo dire che mi è piaciuto molto. Per diventare un coach federale, in grado di operare in ambito nazionale, mi servono altri due anni ma arriverò di sicuro alla meta...».

Ma l’idea è quella di allenare un club di punta?

«No, per ora mi vedo soprattutto a fare il coach di un settore giovanile. Ho ricevuto tanto e vorrei riuscire a restituire qualcosa: meglio se alle nuove generazioni».

Quindi le piacerebbe allenare anche in regione?

«Perchè no? Attualmente sono senza contratto ma se qualcuno mi offrisse una panchina vicino alla mia oasi potrei riuscire a godermela di più...».

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