Moda

Abbigliamento, i negozi altoatesini nella morsa del digitale 

L’allarme delle associazioni: la pandemia ha stravolto le abitudini d’acquisto. Fatturato in calo del 20%, nei paesi flessione del 30%. L’Unione commercio chiede misure contro l’inflazione. Confesercenti accompagna i titolari nelle prime mosse sul web



BOLZANO. A confronto con il 2019, nel settore dell’abbigliamento il commercio al dettaglio registra un calo del fatturato tra il 15 e il 20 per cento in città, del 30 in provincia. Le cifre sono dell’Unione commercio, che tra le cause mette al primo posto un cambiamento netto del comportamento d’acquisto, dei residenti come dei visitatori. Le strategie d’uscita dall’impasse non sono alla portata di tutti. La presidente di Confesercenti, Elena Bonaldi, conferma i dati e dopo un incontro con l’assessore Giuliano Vettorato evidenzia un problema collaterale ma niente affatto secondario, quello ambientale.

Sos delle associazioni.

Negli ultimi due anni il comportamento d’acquisto è cambiato. «I consumatori non frequentano più i negozi locali come prima, comprano meno o trasferiscono i propri acquisti in rete, sulle grandi piattaforme online», spiega Philipp Moser, presidente dell’Unione commercio. Un altro problema, aggiunge, «è il rincaro delle materie prime e del costo dell’energia. Soprattutto il settore degli articoli sportivi deve lottare contro serie difficoltà nelle forniture. Alcune merci semplicemente non vengono più fornite».

Confesercenti cita l’inizio del 2022, gennaio e febbraio, come periodo nero. Il settore dell’abbigliamento non può superare il problema della stagionalità della merce, con i negozianti costretti a svendere l’invenduto per mettere sugli scaffali i nuovi arrivi, mantenere i rapporti con i fornitori e tenersi a galla in un settore dove la concorrenza è feroce. Da una parte canoni di affitto quasi insostenibili; dall’altra la diffusione degli acquisti online.

La questione ambientale.

Sullo shopping online interviene Elena Bonaldi, che durante l’incontro con Vettorato, ieri, ha posto l’accento sui tanti furgoni dei corrieri che sfrecciano in città ad ogni ora: «Gli esercenti devono essere in grado di gestire il boom del commercio digitale, ma come comunità non possiamo ignorare quella che rischia di diventare una movimentazione eccessiva con forte impatto sull’ambiente. Vanno studiate misure di tutela per tutti: per chi commercia con clienti distanti e in primo luogo per il nostro pianeta».

Voler disporre di un’ampia scelta – nel negozio online come nella rivendita di fast fashion in centro città – significa incentivare l’aumento della produzione e il consumo di risorse. Le piattaforme di vendita privata di indumenti dismessi non frenano gli acquisti compulsivi e accrescono l’accumulo di spedizioni con Tir e furgoni. E costa carissimo la pratica del reso gratuito nei negozi online, perché bruciare e ri-produrre costa meno che sanificare e rimettere in circolo.

Le strategie.

Insomma, un dilemma. L’acquisto compulsivo, la ricerca della novità sono figli di un sistema economico che fa leva sulle insicurezze. Sempre più commercianti scelgono il doppio binario: ad esempio, c’è la negoziante che nelle dirette Facebook mostra l’intero negozio alle clienti e risponde ai commenti di quelle che già conosce personalizzando la prevendita online, che poi si realizzerà con l’acquisto nel negozio fisico. Oppure chi ha abbassato le serrande e si è trasferito in uno spazio digitale dove si differenzia dai colossi attraverso una ricerca mirata delle scarpe più belle.

Ma sono persone giovani o con squadre affiatate di dipendenti. «Spesso nei negozi di vicinato c’è una sola persona, il titolare – spiega Elena Bonaldi –. Mancano il tempo e le energie da dedicare al digitale. Un social media manager? Costa, non sono tanti a poterselo permettere». Confesercenti sta aiutando i propri associati in un progetto di digitalizzazione: «I nostri esperti “fotografano” il tipo di negozio e le capacità dei titolari per accompagnarli nella strategia digitale più adatta».

Il ruolo della politica.

«Le imprese devono investire nella digitalizzazione, così da essere presenti sul mercato ed essere trovate più facilmente», sintetizza Philipp Moser. L’Unione commercio chiede maggiori investimenti nello sviluppo urbano: «Città e paesi vivono della loro capacità di attrarre persone. Aggiungiamo che deve essere fatto tutto il possibile per diminuire l’attuale inflazione, con l’obiettivo di rafforzare il potere d’acquisto. Altrimenti il problema si aggraverà per tutti». S.M.













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